Ecco la storia del presidnete della Regione Liguria che prova che chi comanda è diverso dagli altri nell'Italia dei privilegi
Era felice e contento, Claudio Burlando, quando domenica scorsa in tarda mattinata, al volante di una Mitsubishi Space Runner gentilmente concessa da un amico, è sceso dalla collina degli Erzelli, nell'estremo ponente «rosso» genovese. Il presidente diessino della Regione Liguria - 53 anni, ingegnere elettronico con un breve passato dietro una scrivania della Elsag, già ministro dei Trasporti dal 1996 al '98 nel primo governo Prodi - aveva appena spiegato a non meglio precisati, ma importanti manager e imprenditori stranieri l'importanza di investire là dove c'era l'erba e ora c'è una pila di container, ma in futuro, millennio più, millennio meno, «ci dovrebbe nascere il villaggio supertecnologico». Era felice e contento, Burlando, anche perché aveva fatto in tempo a liberarsi dall'incarico istituzionale per poter correre a Marassi (stadio, naturalmente), a vedere il suo Genoa impegnato contro il Livorno.
Ma la troppa euforia, forse, gli ha giocato un brutto tiro. E soprattutto gli ha fatto percorrere 800 metri contromano che rischiano adesso di confinarlo, politicamente, in un vicolo cieco, visto che l'opposizione di centrodestra ha già chiesto le sue dimissioni. Prima di tutti, s'è fatto avanti Sandro Biasotti, predecessore dell'attuale presidente e sconfitto alle elezioni di due anni fa, oggi leader della minoranza: «È incompatibile, se ne vada».
I fatti, comunque, vengono fuori cinque giorni dopo, appena Burlando vede un articolo sul quotidiano La Repubblica che lo fa saltare sulla sedia. Titolone: «Burlando contromano sulla superstrada - Fermato dalla stradale mostra il tesserino da deputato e se ne va». E allora il governatore decide che è venuto il momento di diffondere la notizia, «non si sa mai, di questi tempi, col clima che c'è contro i politici». Intanto il suo blog, che non riceve messaggi da tempo immemorabile, riceve, in poche ore, 1400 commenti. Tutti insulti. Burlando entra in cronaca diretta. Lo stringono: com’è andata veramente? Come si fa, in pieno giorno, a saltare tre bivi successivi e fermarsi solo quando una macchina si mette davanti? E un genovese come lui, mica un berlinese qualunque? E cos'è questa storia del tesserino - che sa tanto di: «Lei non sa chi sono io!» - e la successiva fuga precipitosa? A poco a poco vengono fuori i particolari: il presidente imbocca un tratto in prossimità dello svincolo che conduce all’autostrada, va avanti finché non «incontra» un'auto che viene in senso opposto. Stridore di freni, momenti di panico, ma lo scontro è scongiurato. I veicoli si bloccano, i rispettivi guidatori scendono, Burlando si scusa, la Mitsubishi viene spostata nella corsia giusta per evitare altri incontri ravvicinati. Arriva, finalmente, una pattuglia della Polstrada, esegue gli accertamenti di rito, chiede i documenti. Il presidente, però, ha dimenticato il borsello chissà dove, ha in tasca solo un tesserino. Che riporta: «Camera dei deputati, onorevole». Scaduto da due anni. Gli agenti verificano, leggono, scrivono, infine congedano. Multa? Niente. Verbale? Nemmeno. Prova dell'etilometro? Neanche a pensarci. Il presidente si profonde in ulteriori scuse, poi gira le ruote e va alla partita. In tribuna incontra il questore Salvatore Presenti e gli racconta tutto, si distrae solo al gol del pareggio di Borriello. Finisce qui. Fino a quel fatidico articolo. Allora anche il questore sente il dovere di precisare: «Burlando mi aveva telefonato subito per raccontarmi quello che era successo e chiedere di applicare la legge col massimo rigore». E infine: «Abbiamo seguito le normali procedure, quelle che riserviamo a un qualunque cittadino». Parole sante, tuona l’opposizione nell’assemblea regionale: «Difatti il presidente deve tornare un cittadino qualunque».