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 LA VERA CASTA: I MAGISTRATI Data: 13/10/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Da La Stampa di lunedì 8 ottobre, a firma Francesco Grignetti
Titolo: “L'altra casta: meriti e privilegi dei magistrati

Gli stipendi d’oro (annuali), al 2005

Primo presidente di Cassazione: 246.800
Consigliere Corte Costituzionale: 370.000
Presidente Corte Costituzionale: 440.000
Avvocatura dello Stato: 133.254
Consiglio di Stato e Tar: 144.376
Corte dei Conti: 156.149
Magistratura ordinaria: 101.827
Magistratura militare: 104.124

•Il 67% dei giudici ha ruolo e retribuzioni superiori alle funzioni.
•Ferie lunghe e nessun controllo sugli orari: casi di impegno sovraumano accanto agli “imboscamenti”. La collaborazione una tantum con il Senato può valere 74mila euro.
•È l’unica carriera che dura fino a 75 anni: riducendo il limite salterebbero 500 magistrati.
•Enorme il numero di cause penali che finiscono in prescrizione.
E’ una ben strana Casta, quella dei magistrati italiani, che presiede a una Giustizia che, sono loro a dirlo, è comatosa, sfasciata, terremotata. Un po’ fa ridere, e un po’ piangere, il sarcasmo di Francesco Greco, celebre pm milanese, quando dice che in Italia le procedure per arrivare a un divorzio a volte sono impossibili «e allora è più facile uccidere la moglie». Già, le famose cause infinite per ottenere giustizia in sede civile. «L’apparato giudiziario sembra la spiaggia di Phuket dove è passato lo Tsunami». L’arretrato, nel civile come nel penale, è infinito. Strabocchevole il numero di cause penali che finiscono nel nulla per sopraggiunta prescrizione. Ma lì c’entra una famosa leggina approvata dal centrodestra, la ex Cirielli, che taglia drasticamente i tempi per arrivare a una sentenza. E se poi i giudici non ce la fanno, chissenefrega. Mica sempre. Racconta ancora Francesco Greco, sempre più sarcastico: «L’inchiesta su Parmalat l’abbiamo chiusa in tre mesi. In America, l’inchiesta su Enron l’hanno fatta in cinque anni. E come è noto, io ho stipendi e stock option eccezionali... Ma quelli che lavorano con me, stanno sui mille euro al mese».

E allora, ripercorrendo il paradosso di Francesco Greco: i diecimila magistrati italiani sono di sicuro una Casta, ma molto particolare. I chiari e gli scuri sono portati all’eccesso. Vi si accede per concorso pubblico e quando qualcuno vuole offenderli in blocco, li definisce «modesti funzionari pubblici». Se c’è desiderio di visibilità, però, le occasioni non mancano. Gli stipendi di media non sono così alti, in compenso le ferie sono lunghe e nessuno vigila sugli orari. Non mancano casi clamorosi di imboscamento, oppure, all’opposto d’impegno sovrumano. Le carriere sono autogestite e i giochi di corrente hanno un peso immenso. E il potere... Il potere è immenso. Il tema della discussione è noto: vincono un concorso pubblico e dopo qualche mese hanno la potestà di arrestare un cittadino. E se c’è di mezzo un giudice-ragazzino, poi, è garantito un sovrappiù di polemica.

Sono considerati «nemici» dei politici. Ma la politica è una tentazione per molti. A destra come a sinistra. Sono magistrati in prestito al Parlamento sia Anna Finocchiaro che Felice Casson, Massimo Brutti e Gerardo D’Ambrosio (Ulivo), ma anche Peppino Di Lello (Rifondazione), Nitto Palma (Forza Italia) o Alfredo Mantovano (An). Avere un giudice nelle liste elettorali è un fiore all’occhiello per ogni partito. Tanti, come Giuseppe Ayala, sono poi rientrati nei ranghi della carriera. Altri hanno gettato la toga alle ortiche. Antonio Di Pietro è in pensione. Carlo Palermo svolge il suo lavoro di avvocato. Curioso contrappasso: sono proprio questi ex magistrati quelli che fanno più arrabbiare i colleghi in servizio. Casson e Di Lello sono stati i più inflessibili nell’indurire le incompatibilità tra pm e giudice, i quali, da ora in poi, se passano da una funzione all’altra, dovranno trasferirsi di regione.

Al vertice ci stanno quelli che vestono di ermellino. Non c’è nessun’altra cerimonia che dia il segno di una Casta come l’inaugurazione di un Anno giudiziario. Nei corridoi della Corte di Cassazione procedono maestosi in corteo con il tocco e la toga rosso scarlatto, un messo che li precede, le autorità ad attenderli in piedi. All’opposto ci sono i giovani. Sotto i quarant’anni sono in tremila circa: se la devono cavare con un buono pasto da 4,6 euro al dì, non hanno macchina di servizio né benefit, si sentono la «carne da macello» del sistema. «Non si sbaglia ad affermare che molti colleghi di prima nomina in certe realtà metropolitane stentano a mantenere una vita dignitosa», denunciava qualche tempo fa un sostituto procuratore a Napoli, Catello Maresca.

Ecco, se si guarda ai gradini bassi della piramide, in effetti appare come una Casta impoverita. L’Istituto nazionale di previdenza e mutualità fra magistrati italiani prevede «sussidi» da 52 euro per acquisto di occhiali, «una tantum» da 1.033 euro in caso di morte, «premio» da 516 euro agli orfani, fino al toccante dono della toga ai primi tre classificati del concorso. Gli altri, la toga, se la devono comprare da sé.

E però, se si risale per li rami della carriera, si scopre che le cose cambiano presto. Gli stipendi s’irrobustiscono. E sono gli unici in Italia a lavorare fino a 75 anni. «Un limite - racconta Livio Pepino, membro del Csm, leader di Magistratura democratica - che anch’io trovo eccessivo. Ma non si può eliminarlo di colpo. Ci troveremmo gravemente scoperti; salterebbero 500 magistrati».

Loro, i giudici, dopo l’epica battaglia contro il governo berlusconiano, si sentono ancora sotto assedio. Per puro accanimento, denunciano, dall’anno scorso gli sono stati decurtati di un terzo gli adeguamenti che spettavano loro per legge. Per reazione, hanno deciso una severa moralizzazione interna. Negati a tutti (salvo che al Consiglio di Stato) gli incarichi extragiudiziali e gli arbitrati. La legge Mastella sull’ordinamento, poi, sta per trasformare radicalmente la geografia interna del potere. Ogni capoufficio, o vice, decadrà automaticamente dalla carica dopo otto anni. Sono già sotto sfratto in 340 tra procuratori capo, aggiunti e presidenti di tribunale. C’è una frattura generazionale che scuote molti palazzi di Giustizia. Vedi Catanzaro o Potenza. E c’è una questione femminile: le donne sono il 41 per cento dei magistrati, ma solo il 4 per cento dei dirigenti.

Tra stipendi d'oro e travet

Tutta l'architettura si regge sul primo presidente di Cassazione, il più alto in grado tra i magistrati, la cui busta paga è di fatto una vera e propria unità di misura per il calcolo degli emolumenti non solo di deputati e senatori (agganciati al 96%) oggetto in questi mesi di tante polemiche, ma anche dei consiglieri regionali (la cui indennità oscilla tra il 60 ed il 100% di quella dei parlamentari) e dei massimi vertici della pubblica amministrazione.
Per la cronaca: messi tutti assieme, i cedolini dell'inquilino più importante del Palazzaccio assommano a ben 246800 euro lordi l'anno, più di 18.900 euro al mese.
Le toghe italiane hanno stipendi blindati, fissati per legge, scatti automatici e altrettanto automatici adeguamenti all'inflazione: solo tra il 2001 e il 2005 hanno spuntato aumenti doppi rispetto al resto della macchina pubblica. E come se non bastasse godono di un numero di ferie come nessun'altra categoria in Italia: ben 51 giorni l'anno. Che si traducono in 10 settimane filate di tribunali chiusi.




Effetto cascata

Ai giudici della Corte Costituzionale spetta esattamente il 50% in più del numero uno della Cassazione, ovvero 370 mila euro lordi l'anno.
Mentre l'assegno del presidente della Consulta gode di una ulteriore maggiorazione del 20% che vale un assegno finale di 444 mila euro. E questo è anche il tetto massimo fissato per i presidenti delle principali Authority (Antitrust, Consob, Comunicazioni ed Energia).
In media un magistrato nel 2005 ha guadagnato 107.429 euro lordi l'anno: si va dai 101.827 euro dei giudici ordinari ai 133.250 dell'Avvocatura di Stato, ai 144.400 di quelli amministrativi (Tar e Consiglio di Stato), sino ai 156.149 della Corte dei Conti che nell'ultimo triennio, in base a un rapporto della stessa magistratura contabile, fanno segnare anche l'incremento più forte: quasi 21 mila euro lordi in più. Non è un caso che rispetto al 2005 i costi complessivi della Corte, dove hanno tutti il trattamento che corrisponde di fatto a quello di Consigliere di Cassazione, siano cresciuti quasi del 15% arrivando a toccare quota 276,4 milioni di euro.


Il boom della spesa

Nel suo complesso la spesa totale per la magistratura nel 2005 è stata pari a 1,166 miliardi di euro, con un incremento del 26,2% rispetto al 2001. Una percentuale più che doppia rispetto alla media di tutti gli stipendi della «Pa» che nello stesso arco di tempo sono cresciuti del 12,8%. Del resto, fino all'approvazione del nuovo Ordinamento giudiziario avvenuta il 30 luglio scorso, i magistrati italiani godevano di un meccanismo di scatti praticamente automatico che faceva lievitare la loro busta paga a prescindere dall'incarico ricoperto, solamente in base all'anzianità. Già sei mesi dopo l'assunzione il primo scatto, il secondo dopo 2 anni, e via di questo passo con passaggi automatici dopo 5, 13, 20, 28 e 30 anni. A fine carriera anche se si lavora nel più sperduto dei Tar il magistrato è di fatto equiparato ad un giudice di Cassazione e incassa circa 7.800 euro netti al mese. Secondo il «Libro verde sulla spesa pubblica», in questo modo, «ben il 67% dei magistrati ha un ruolo - e corrispondente retribuzione - superiore alle funzioni svolte». Inoltre i magistrati godono di un sistema di adeguamento triennale al costo della vita ancorato agli aumenti del pubblico impiego del triennio precedente e corrisposto sotto forma di anticipi annuali. L'ultimo, scattato il 1 gennaio, vale il 3,69% in più. Col nuovo ordinamento le progressioni automatiche vanno in soffitta, sostituite da nuovi scaglioni (7 anziché 9) che si raggiungono solo superando una prova di idoneità. In questo modo l'amministrazione introduce un minimo criterio di merito, ma non riduce i vantaggi delle nostre toghe che una volta superate tutte le prove si trovano nelle condizioni di arrivare, anche con 8 anni di anticipo rispetto alla vecchia normativa, ai vertici della carriera.


Incarichi d'oro

I guadagni delle toghe però non si fermano qui. Giudici amministrativi e contabili possono assumere incarichi nella pubblica amministrazione cumulando stipendi e indennità e fare parte dei collegi arbitrali chiamati a risolvere contenziosi del valore di diversi milioni di euro. Solo per stare alle più recenti, il presidente di sezione del Consiglio di Stato Pasquale De Lise, ex presidente del Tar del Lazio e da anni un vero specialista del ramo, è stato autorizzato a dirimere un contenzioso tra Anas e l'impresa asfalti Sintex del valore di 88 milioni di euro, mentre al consigliere di Stato Claudio Zucchelli è andata la causa Astaldi-Anas che di milioni ne vale 35. Nell'ambito degli incarichi di governo, invece, tra i più recenti spiccano i 350 mila euro assegnati a Massimo Romano in qualità di direttore dell'Agenzia delle entrate, i l48.500 di Ermanno Granelli vice alto commissario anticorruzione, i 135 mila di Domenico Oriani (presidente dell'Agea, l'agenzia che eroga i contributi agricoli) e i 120 mila di Piero Calandra (consigliere dell'Autorità lavori pubblici). Paolo Peluffo, ex portavoce di Ciampi al Quirinale, quest'anno ha ricevuto 74 mila euro per la sua «collaborazione» una tantum col Senato e 75 mila euro da Palazzo Chigi come capo Dipartimento per l'editoria. Consiglieri legislativi e vicecapi di gabinetto dei ministri viaggiano invece tra i 30 e i 90 mila euro lordi l'anno, magari cumulando più incarichi come capita a Carlo Polidori alle Politiche Giovanili.

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