di Fabrizio Ravoni – Il Giornale
Roma - Il governo aveva assicurato che tutti i componenti del nucleo familiare di quel contribuente talmente povero da non pagare le tasse (il lessico burocratico lo classifica come «incapiente»), avrebbe ricevuto entro fine anno un bonus da 150 euro. Non sarà così. Il bonus lo riceverà solo il capofamiglia. Lo stabilisce un emendamento al decreto legge, presentato al Senato dal relatore di maggioranza, il Verde Natale Ripamonti. In compenso, dallo stesso Ripamonti arriva anche un’altra modifica al decreto legge agganciato alla Finanziaria. La misura originaria era rivolta a tutti i contribuenti che avevano un reddito inferiore ai 7.500 euro (tetto della no tax area: al di sotto non si paga l’Irpef) che arrivavano a 12mila se avevano moglie e figli a carico. E in tal caso, anche mogli e figli dovevano ricevere il bonus da 150 euro. Una platea che - a detta di Vincenzo Visco - avrebbe dovuto raggiungere una platea di 12 milioni di persone. Costo dell’operazione: 1,9 miliardi di euro, da attingere dall’extragettito di quest’anno.
Il relatore di maggioranza al decreto, con lo stesso emendamento, fa scomparire il principio di incapiente. E suggerisce che a ricevere il bonus siano tutti quei contribuenti monoreddito che dichiarano al Fisco 50mila euro e hanno moglie e 4 figli a carico. Ben al di sopra, quindi, del tetto massimo di reddito consentito dall’espansione della no tax area per frutto delle detrazioni familiari. «Perché chi ha 4 figli e prende 50mila euro all’anno le sembra ricco?», commenta Ripamonti.
E spiega che il riferimento ai 50mila euro di reddito è legato al fatto che si tratta dello stesso livello fissato per avere un aumento delle detrazioni Ici sulla prima casa.
Ma fissare un tetto di 50mila euro (seppure con famiglia numerosa) per accedere al bonus comporta seri problemi di tenuta dei conti. A fronte di uno stanziamento per il bonus di 1,9 miliardi, le modifiche chieste dal relatore di maggioranza implicano una spesa tripla rispetto alle somme a disposizione: 5,8 miliardi contro l’1,9.
L’argomento è al momento all’esame degli uomini sia della Ragioneria generale dello Stato sia dei tecnici del ministero dell’Economia, lato Finanze. E sono proprio questi ultimi i più scettici sia sull’erogazione del bonus, sia sulle eventuali modifiche. Sia per i costi, sia per la difficoltà tecnica di raggiungere con un bonus chi non presenta la dichiarazione dei redditi. Cioè, chi è «sconosciuto» al Fisco. Nei giorni scorsi, infatti, gli esperti dell’Agenzia delle Entrate avrebbero manifestato più di una riserva sulla misura contenuta dal decreto. E per due motivi uguali e contrapposti: da una parte perché l’estensione costa il triplo del tesoretto a disposizione; dall’altra perché, se resta agganciato ai contribuenti sfortunati per reddito, non riescono a raggiungerli perché talmente poveri da non presentare denuncia dei redditi.
Con il risultato che - inascoltati - gli uffici avevano ricordato al governo che di un bonus del genere avrebbero beneficiato esclusivamente colf e badanti.
Nel complesso, sul decreto legge si stanno per scaricare 700 emendamenti, di cui 400 dell’opposizione e 12 del relatore. Oltre a quello sugli incapienti, infatti, Ripamonti suggerisce di far salire a un euro il compenso per i commercialisti e ragionieri che compilano la dichiarazione dei redditi. Riviste le agevolazioni fiscali per l’editoria. E sempre dalla Cosa Rossa viene ribadita la volontà di alzare dal 12,5 al 20% l’imposta sulle rendite finanziarie.