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 Le malefatte degli amministratori rossi: incassano oggi, i cittadini pagano domani Data: 22/10/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Uno dei nodi venuti al pettine della manovra finanziaria per il 2008 e per il quale si sta tentando una soluzione bibartisan tra centrosinistra e centrodestra è la questione dell'uso dei cosiddetti "derivati" da parte della finanza locale. Di cosa si tratti e quanto vi siano collusi molti amministratori "rossi è spiegato nella nota che di seguito pubblichiamo.

I Comuni di Napoli e Torino; le Regioni Campania, Liguria e Piemonte. Il loro denominatore comune non è soltanto quello di essere "rosse”, ma anche quello di maneggiare con poca cura il denaro, abbandonandosi a spericolate incursioni negli strumenti più sofisticati della finanza (i "derivati”) sui quali perdono (perdiamo) centinaia di milioni di euro.

La loro filosofia? Allungare nel tempo il pagamento dei debiti per incassare qualcosa (pochi, maledetti e subito) da spendere, lasciando in eredità ai cittadini e alle giunte che verranno una voragine di debiti. E, naturalmente, ingrassare le banche d’affari, meglio se con qualche altisonante nome britannico.

Report, la trasmissione televisiva di RaiTre, ha scoperchiato la pentola mandando a gambe all’aria Bassolino, la Iervolino, la Bresso e tutti quegli amministratori che ne sorvegliavano il maleodorante contenuto, vera e propria bomba a orologeria per gli amministratori futuri e per i cittadini (compresi i nostri figli), destinati ad essere alleggeriti da tasse locali sempre più esose per ripagare i debiti. Tutto grazie a questi apprendisti stregoni della finanza creativa.

Nel caso di piccoli Comuni, pure precipitati nell’incubo dei "derivati”, si tratta spesso di amministratori improvvidi, digiuni di tabelline e messi agevolmente nel sacco da arrembanti finanzieri. Più difficile crederlo nel caso di grandi municipalità e ricche Regioni, imbottite di avvocati, commercialisti, ragionieri, economisti e consulenti profumatamente pagati.

Derivati (o "swap”). Nella sostanza si tratta di operazioni costruite sul debito. La parolina magica è, infatti, "ristrutturazione del debito”. Regioni e Comuni indebitati hanno firmato contratti destinati sulla carta alla copertura dai rischi di aumento dei tassi, ma in realtà legati a un meccanismo di moltiplicazione di quei rischi. Il pagamento si allunga (fino a trent’anni) ma il debito totale cresce in maniera esponenziale; la banca incassa subito un costo "implicito”, la sua ricca provvigione; l’amministrazione contraente incassa un anticipo in contanti che tanto è più sostanzioso quanto più spericolata è la sua propensione ad accettare un livello di tasso più alto.

Bilanci opachi. Denominatore comune degli amministratori (dalla Campania al Piemonte, da Napoli a Torino) è quello di dichiarare che l’operazione non ha avuto costi. È falso: i costi ci sono, ma non si vedono, perché sono impliciti e nascosti nelle pieghe del "tutto compreso”. Le banche si prendono le loro laute provvigioni, gli amministratori pubblici non hanno l’obbligo di iscrivere questi costi in bilancio e così possono dire di non aver pagato nulla. Ufficialmente sono le cosiddette "perdite potenziali”: se un’azienda privata si comportasse così, verrebbe segnalata alla Centrale Rischi. Comuni e Regioni sono autorizzati a ignorarle, come se non esistessero. E gli amministratori pubblici si sentono autorizzati a dire che non esistono. Tanto, mica pagano loro.

Loro furbi, banche fesse? La cosa più straordinaria è che ai cittadini il tutto viene presentato e venduto come un buon affare: gli amministratori mettono in bilancio l’incasso, ma non i costi sostenuti (ci sono ma...non ci sono, perché non si vedono); la rata del debito è più bassa. Cari cittadini, vedete quanto siamo stati bravi e furbi? Non solo paghiamo di meno, ma le banche ci hanno dato i soldi per pagare di meno. In realtà, come dice Report, a vincere è sempre il banco (cioè la banca).

La Corte dei Conti. La magistratura contabile ha già bocciato questo tipo di operazioni: "Il fenomeno è preoccupante perché le esposizioni finanziarie possono diventare progressivamente insostenibili... le gestioni future sono destinate a farsi carico degli effetti negativi loro tramandati, e che saranno difficili da sostenere”.

Una scommessa. Una imprenditrice intervistata ha così sintetizzato le operazioni sui derivati: "Una scommessa. Scommetto contro una banca che se un tasso resta entro un certo livello io guadagno, se lo supera io perdo”. L’imprenditrice si è giocata soldi suoi. Iervolino, Bassolino, Bresso e compagni sono andati al casinò con denari pubblici e li hanno gettati sulla roulette dei derivati.

Quanto ci costa? Ecco i conti e i fatti snocciolati da Report.

Regione Campania
La giunta Bassolino ha fatto un’operazione in "derivati” con la banca Ubs. Allungando il debito, incassa fino al 2014 una cifra pari a 56 milioni. Dal 2015 e fino alla scadenza del 2021 accumulerà perdite pari a 126 milioni. A memoria futura delle giunte che verranno. Ma ci sono poi 28 milioni di costo dell’operazione, che vanno all’Ubs, dove lavora - guarda caso - Gaetano Bassolino, il figlio del governatore. Ha preso lui il bonus per il contratto? Dice Antonio Valiante, vicepresidente della Campania: "Noi non abbiamo chiuso nessun contratto con Gaetano Bassolino”. Report commenta: "Per essere uno che non c’entra niente, Gaetano Bassolino all’Ubs è stato promosso responsabile del business con il settore pubblico italiano”. Che altro dire?

Comune di Napoli
Già fallito nel 1993, si ritrova un debito di un miliardo di euro. Stessa musica della Regione, ma con doppio salto mortale e doppio "swap: un primo allungamento del debito, così che il Comune incassa (sempre meno) dal 2004 al 2011 una cifra oscillante tra 52 e 59 milioni, per poi sborsarne 100 fino al 2024. Poi una seconda operazione: l’incasso sale a 70 milioni per i primi cinque anni, il debito a 204 milioni fino al 2035. Più i costi delle due operazioni: in tutto 21 milioni. A Napoli, si sa, a volte amano esagerare: così dopo i padri e i figli, si è pensato bene di indebitare anche i nipoti.

Comune di Torino
Si è fatto prestare soldi per organizzare le Olimpiadi, ha assicurato il debito acquistando derivati e ora perde 100 milioni di euro. Altri 14 milioni li sta perdendo su un’operazione con la JP Morgan. Banca internazionale alla quale ha offerto la sua consulenza fino al 2006, "per far capire il sistema pubblico”, il ministro Linda Lanzillotta. Chiosa Report: "Il ministro deve averglielo spiegato bene”. Ma non ai Comuni perché, restando a Torino, ecco sbucare un altro contratto con una perdita di 5 milioni. Fatto da chi? Dall’ex assessore Peveraro, poi premiato con l’assessorato al Bilancio della Regione. Dove replica con (in)successo, come vedremo qui di seguito...

Regione Piemonte
È appunto Peveraro, con il governatore Mercedes Bresso, a sottoscrivere tre derivati con tre banche, le quali incassano complessivamente una commissione valutata 60 milioni di euro. Rigorosamente non iscritti a bilancio. Report aggiunge una chicca che, se vera, ha dell’incredibile: "La Regione Piemonte è entrata in una scommessa sul fallimento dell’Italia, impegnandosi a pagare alle banche se l’Italia fallisce”. Ma c’è di più e di peggio: la Bresso ha rifiutato di tirar fuori i contratti perché "ci vuole il permesso delle banche”. Commento: "Per la Bresso quindi non si può sapere che operazioni fa la Regione con i soldi dei cittadini, senza l’autorizzazione delle banche”. È vero? No, visto che l’assessore al Bilancio di Treviso offre tutte le carte ai giornalisti: "Non dobbiamo chiedere nessun permesso, sono carte pubbliche”. E ci mancherebbe altro, visto che si tratta di debiti pubblici, di tutti i cittadini. Ad ogni modo Report i contratti li ha trovati: la Regione Piemonte nei primi due anni dovrà pagare tre milioni, ma nel 2034 la rata sarà di 70 milioni. Il gruppo di Forza Italia ha chiesto l’istituzione di una commissione di indagine. Per intanto, l’ex governatore Ghigo ha segnalato che la Regione Piemonte in due anni ha portato il debito da meno di due miliardi a quasi quattro (dati ufficiali della Corte dei Conti).

Regione Liguria
La banca giapponese Nomura chiude uno swap con i fiocchi, destinato a restare avvolto nel mistero. Se non fosse che il suo banchiere, Piero Burragato, riceve un bonus che non lo accontenta (troppo magro rispetto all’affare), fa causa alla banca e spiffera tutto in una lettera alla Regione Liguria. Parla di un guadagno di 20 milioni (il solito costo che esiste ma non esiste), sostiene che il rischio che la banca Nomura ha fatto prendere alla Regione Liguria è molto elevato. E il governatore Burlando? Copia la Bresso e fa sapere che i contratti non si possono vedere senza l’assenso della Nomura. Come se fossero debiti personali e non denari pubblici. Arroganza (non solo al volante dell’auto), disprezzo dei cittadini e della trasparenza amministrativa. Qualcuno gliene chieda conto.

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