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 MENO MINISTRI, UNA FURBATA Data: 01/11/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
A futura memoria. La maggioranza ha approvato ieri in Commissione Bilancio un emendamento alla Finanziaria con il quale si riduce drasticamente il numero dei ministri e dei sottosegretari. I ministri saranno al massimo 12 ed i componenti complessivi del governo non dovranno superare i 60. Un provvedimento opportuno, visto che il governo Prodi ha battuto il record della storia repubblicana con i suoi 102 componenti.
Un provvedimento richiesto non soltanto dalle piazze che da tempo invocano segnali concreti di discontinuità e taglio dei privilegi, ma anche da autorevoli esponenti della maggioranza. Tra questi il neo segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni. Tutto sarebbe davvero un bel segnale se non fosse per un piccolo particolare: qualora fosse approvata, la norma entrerebbe in vigore con il prossimo esecutivo e non con l’attuale.
Una furbata, l’ennesima del centrosinistra, che di fatto rende la decisione soltanto una vaga dichiarazioni di principio per il presente e una pesante ipoteca per il futuro. Quando, probabilmente, la composizione del governo sarà affidata a Berlusconi.
Ma la verità è ben altra e racconta quanto difficile sia ormai gestire anche l’ordinario per un governo sconfitto, mortificato dalle continue liti e sceso a minime percentuali di gradimento anche tra i propri elettori. Un esempio su tutti è leggere le candide dichiarazioni dell’onorevole Massimo Villone della Sinistra Democratica, uno dei più convinti sostenitori del provvedimento, secondo il quale applicare subito la norma “avrebbe determinato per legge una crisi di governo”. Consapevoli dell’impossibilità politica di tagliare ministeri e sottosegretariati con annesse segreterie, autisti, portaborse e affini, perché – ammettono i moralizzatori dell’Unione – avrebbe comportato un prosaico ‘tutti a casa’.
Allora ecco l’escamotage che purifica la coscienza, dà un segnale al popolo che ringhia e, soprattutto, lascia beatamente le cose come stanno. Il premier, forse quello che coglie più di tutti gli alleati la fragilità assoluta del castello di carta rappresentato dal suo esecutivo, su questo argomento è stato sempre sordo. Non ha mai voluto sapere né di tagli al numero dei ministri, né di rimpasti; il minimo ed impercettibile movimento farebbe crollare tutto.
Persino quando il magnanimo Mastella, proprio ieri, gli ha offerto la sua testa e la sua poltrona per cominciare a dare l’esempio, il professore sdegnosamente si è girato dall’altra parte. Mica scemo!

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