Rapiscono, stuprano e uccidono in tutto il mondo. E, ogni volta che accade, c’è un sindaco costretto a discolparsi. A torto o a ragione. Se è utopistico pensare che non esista violenza, è altrettanto vero che molti delitti si sarebbero potuti evitare. Quanto successo a Roma è la copia di scene criminali già viste troppe volte in Italia. Diversi sono i particolari, ma i gesti, nel loro orrore e nella loro drammaticità, sempre si somigliano. Come il dolore di chi ne viene coinvolto. Come l’etnia di chi ha scelto di impersonificare il male: nessuna teoria, i numeri non ammettono interpretazioni. Il grido di allarme è stato lanciato anni fa. E per anni s’è confuso il buon senso con il razzismo: che un certo tipo di criminalità sia proporzionale a un’immigrazione non controllata lo certificano anche sociologi che si definiscono di sinistra.
Allora, perché la tragedia di Tor di Quinto pare aver scosso anche quella parte della nostra politica che delle «porte aperte» aveva fatto uno slogan? Quante sono state le tragedie finite in prima pagina che non hanno mai avuto una seria risposta dal Palazzo? Quanto accaduto sotto quel cavalcavia alla periferia di Roma fa rabbrividire. Ma, purtroppo, avevamo visto ben di peggio. E mai prima d’ora un governo sentì la necessità di doversi riunire immediatamente per tentare di alzare una diga contro un’onda ormai altissima.
Non è facile avere sospetti quando una donna di quarantasette anni è appena morta. E un marito si dispera davanti al suo cadavere. E la gente si commuove davanti a questo dramma per solidarietà ma anche per paura. Però lo impone il mestiere. E, adesso, noi siamo qui a chiederci se Prodi avrebbe fatto lo stesso se questo ignobile delitto fosse accaduto non nella Capitale ma a Mestre o a Monza. Quando una donna a Treviso è stata violentata con una sbarra di ferro e uccisa insieme con suo marito, il premier non convocò nessuno.
E il sospetto che questo governo sia costretto a dover difendere dalle proprie colpe se stesso e soprattutto Walter Veltroni è legittimo. Il sindaco piacione che vorrebbe esportare nel proprio partito il modello Roma capoccia è sotto accusa. Tra i tanti problemi della città che non ha mai risolto c’era, primo tra tutti, quello dei rom, l’aveva sempre negato. Non si può continuare a bluffare. Il segretario del partito di cartone che dovrebbe sorreggere il governo è inciampato su un campo rom. Una settimana dopo l’incoronazione. Ora, a lui e Prodi i clandestini non piacciono più. Ma, ormai, è tardi.