ANDREA MARCENARO DA PANORAMA
Siamo entrati in possesso del discorso che il segretario del Partito dei comunisti italiani, Oliviero Diliberto, pronuncerà alle 5 del pomeriggio di mercoledì 7 novembre dal palco posto sotto al monumento del generale Georgy Zhukov, l’eroe dell’assedio di Stalingrado, per l’anniversario della rivoluzione sovietica. Titolo dell’avvenimento, quantunque la questione appaia controversa, sarà il seguente: «Rivoluzione d’ottobre. Novant’anni ma non li dimostra». Il rivoluzionario italiano avrà al suo fianco Ghennadij Ziuganov, da 14 anni segretario del Partito comunista della Federazione russa. Egli non parlerà esattamente dalla piazza Rossa. Quella non gliel’hanno data. Parlerà da lì vicino, da piazza del Maneggio, maneggio inteso in senso lato, saldo in piedi su un palchetto che sta alla grande terrazza del mausoleo di Lenin come il campetto da football del Borgorosso sta al Maracanà. Anche se pare che uno spicchio di piazza Rossa, volendo, si possa scorgere. Dettagli.
Ai piedi del ponteggio, i 100 fortunati che hanno prenotato il viaggio dall’Italia con visita a San Pietroburgo, visita all’incrociatore Aurora da cui partirono i colpi sul Palazzo d’Inverno, visita al complesso Smolny, in via Dittatura del proletariato 3. Dopo il comizio, cena col segretario e i compagni russi, cetrioli, caviale, forse caviale no, uova di lompo però sì. I 100 avranno ciascuno una bandierina con stampato sopra: «Grande capitale/ faccia di sedere/ lotteremo duro/ ti farem tacere». Il viso attraversato dalla discutibile scritta sarà quello del senatore Lamberto Dini. «Dis/cor/so! Dis/cor/so!», si alzerà infine il grido dalla piazza. E discorso sarà.
L’Internazionale, allora, i pugni chiusi e il tanto atteso esordio: «Compagni, cos’è il comunismo?». E la folla: diccelo tu cos’è, compagno segretario, diccelo tu.
«Il comunismo? Il comunismo sono le catene spezzate dal rosso di questa piazza gloriosa. Il comunismo sei tu, sono io, siamo noi, è la bandiera del riscatto inevitabile. Ma permettetemi un ricordo personale. Mi reco più volte nei paesi comunisti grazie all’eccellente lavoro del dipartimento esteri del partito. I compagni cinesi hanno cambiato l’articolo 1 della loro costituzione. Ora recita così: la Cina è una repubblica socialista a economia di mercato. Quando ho sostenuto che repubblica socialista a economia di mercato è una contraddizione in termini, quando ho chiesto “ma cosa vuol dire?”, un alto dirigente cinese mi ha risposto: “Non ne ho la minima idea, vediamo un po’ se funziona”.
«Ecco, il comunismo è fantasia. Comunismo è non farsi comprare dai 30 denari di una multinazionale. Comunismo è la scienza delle libertà del proletariato, è fissare negli occhi Mastella e dirgli: ebbene sì, libereremo anche te da quella cacchio di piscina a forma di cozza, pezzo di reazionario. Il comunismo è come il cuoio, che più lo batti e più diventa duro, è un’emozione profonda, anzi, pardon, questo lo sostiene Veltroni, per noi è semmai il compagno Castro, è il Chávez chino sui libri a studiare la prossima mossa insieme a Toni Negri, è Giulietto Chiesa quando dimostra come gli americani tirino sulle Torri, se le buttino giù, se le ritirino su e le ributtino giù. Sempre da soli.
«E poi, attenzione. Comunismo non è, soprattutto, quel rompiballe di Marco Rizzo. E neanche solo il compagno Cossutta, al quale ormai è partita la capoccia, anche se è stato un grande amico del popolo sovietico. Pensando sempre alla nostra Italia, il comunismo vive negli occhi del precario che si batte per il posto fisso, il comunismo vive».
Vedrete che il discorso moscovita dell’onorevole Diliberto lascerà un segno profondo.