Il governo che ha tenuto a battesimo l’indulto ora inasprisce le pene e minaccia severe condanne a chi delinque. Ditemi voi se ho torto a ritenere che il nostro non sia un Paese normale. Prima si è varata una norma che ha rimesso in libertà quasi 30 mila detenuti, poi ci si è accorti che in Italia sono aumentati rapine e delitti e si corre ai ripari. Non credo che servisse un veggente per immaginare che aprendo le celle i reati sarebbero cresciuti anziché ridursi: bastava il buon senso. Ma spesso la politica sembra sprovvista di questa elementare dote. Ho provato a chiedere a qualche esponente della maggioranza che sorregge il governo qual è la logica che ha spinto a svuotare le carceri in quanto troppo affollate e un anno dopo si prepara a riempirle di nuovo comminando condanne più severe: non ho ottenuto alcuna risposta.
Del resto, in questa materia non è il solo quesito rimasto senza spiegazione. In sé i provvedimenti approvati dal governo non sono sbagliati. Processare per direttissima chi commette i reati più odiosi è giusto. Negare la condizionale, ossia la sospensione della pena, a rapinatori, stupratori e altri criminali è una misura condivisibile e altrettanto si può dire degli arresti cautelari, che scatterebbero automaticamente per certi delitti. Ma, visto che le norme sono state varate per rispondere al crescente senso di insicurezza dei cittadini (9 su 10 hanno paura, secondo un sondaggio della Repubblica), perché non renderle esecutive immediatamente? Al contrario, il governo ha preferito imboccare la via più lunga, varando un disegno di legge, ovvero una proposta che dovrà essere vagliata in Parlamento. Ammettiamo pure, con uno sforzo di fantasia, che questa precaria legislatura prosegua: per tramutare in legge le nuove disposizioni ci vorrà un anno. Non si poteva fare un decreto d’urgenza che le rendesse subito applicabili?
Altro aspetto incomprensibile. Mentre si minaccia il pugno di ferro contro chi delinque, si sforbiciano le risorse a chi quel pugno di ferro lo dovrebbe usare. In Parlamento il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, ha spiegato che i finanziamenti per le forze dell’ordine sono stati ridotti di 1 miliardo di euro e non solo mancano tra i 25 mila e i 30 mila uomini, ma quasi la metà dei mezzi su cui viaggiano è da rottamare. Per esperienza diretta posso testimoniare di auto che si incendiano mentre la pattuglia sta svolgendo servizio e di altre che si inchiodano in mezzo all’autostrada facendo rischiare l’osso del collo ai servitori dello Stato e agli altri viaggiatori.
Ma poi che senso ha promettere pene più dure a chi delinque se non si sa dove mettere i condannati? Dopo l’indulto non sono stati aperti nuovi penitenziari e nessuno si è preoccupato di affrettare la costruzione di quei pochi che dovrebbero essere realizzati. Risultato: le celle sono le stesse di prima. Se, per pura ipotesi, il pacchetto sicurezza venisse approvato, la prospettiva più verosimile, e anche più comica, è che fra un anno o due a qualche ministro venga in mente di sollecitare un nuovo atto di clemenza che svuoti le carceri. Va bene che la politica è l’arte del possibile. Ma forse, a questo punto, sarebbe meglio dire dell’incredibile. Maurizio Blepietro