Tirato per la giacca da destra e da sinistra, è delicata la posizione del ministro dell’Interno Giuliano Amato, in tema di sicurezza.
Se, da una parte, l’opposizione chiede infatti una restrizione delle maglie per gli ingressi dalla Romania e interventi seri sul fronte dell’espulsione dei soggetti indesiderati; dall’altro Rifondazione Comunista minaccia di far mancare il proprio sostegno qualora il decreto non venga ammorbidito non inserendo, ad esempio, la mancanza di un reddito tra le motivazioni idonee a determinare gli allontanamenti forzati.
E allora, incassando anche l’assist del premier romeno Calin Popescu Tariceanu (che, pochi minuti prima di imbarcarsi sull’aereo Bucarest-Roma per un incontro con Romano Prodi, ha annunciato: “È un momento difficile, dobbiamo comunicare”), il titolare del Viminale ha messo le mani avanti, per tentare di far passare “dal centro” un decreto che non piace né alla destra né alla sinistra. Le “espulsioni di massa” sono “inconcepibili”, ha fatto sapere il ministro.
Mani avanti e passo indietro, appunto. Giusto in tempo per riallacciare il dialogo con Rifondazione e con Paolo Ferrero, ministro rosso della Solidarietà Sociale. Tanto è vero che alcuni degli emendamenti del Prc al “pacchetto sicurezza” al vaglio della Camera verranno accolti. Primo fra tutti quello sul passaggio delle pratiche di espulsione “al giudice monocratico”.
Sull’onda dell’emozione dopo i fatti di Tor di Quinto, erano arrivati dal governo gli annunci su un giro di vite per la sicurezza e un decreto per rispedire in patria i romeni pericolosi. Amato nelle ultime ore ha invece disegnato una linea meno intransigente: “Ci sono proposte che non ho nessuna difficoltà ad accettare”, ha spiegato riferendosi ai colloqui avuti con gli esponenti di Rifondazione. Per esempio, ha proseguito Amato, “condivido che la convalida delle espulsioni per motivi di pubblica sicurezza, come richiede Prc, passi dal giudice di pace al giudice ordinario del tribunale monocratico”.
Tenta insomma un compromesso il ministro: una via di mezzo, a metà tra “le politiche della destra a cui non ci si può arrendere” e una rigorosa politica della sicurezza, la nuova parola d’ordine dei sindaci di sinistra, che da quest’estate sta scatenando la diffidenza della sinistra radicale.
In questa gravosa ricerca di un equilibro centrista, Amato tuttavia non raccoglie l’appoggio di Pier Ferdinando Casini, che giudica il decreto troppo sbilanciato a sinistra: il pacchetto rischia di non essere votabile perché si sta già confezionando secondo le richieste della Sinistra radicale”, ha detto il leader dell’Udc a Radio anch’io. Mentre lo stesso Walter Veltroni (che in molti, malignamente, ritengono il padre del dl), accetta le proposte di modifica presentate da Rifondazione: “Sono legittime, andranno valutate, l’importante è che non cambi lo spirito del provvedimento”.
A mettere però sull’avviso che, in realtà, nemmeno a decreto approvato cambierà qualcosa in termini di lotta all’immigrazione violenta, ci sono le previsioni economiche delle operazioni: ogni trasferta per riaccompagnare a Bucarest i romeni espulsi è un costo che grava sulle forze dell’ordine. Ma Amato ha chiarito: “La copertura c’è. Abbiamo mantenuto nei capitoli del ministero dell’Interno le stesse risorse per gestire le espulsioni che avevamo prima”.
“Prima”: cioè quando la sicurezza non era ancora percepita come un’emergenza da parte dei cittadini e il ministro stesso, ed era il maggio scorso, davanti alla Commissione affari costituzionali era costretto ad ammettere: “Il Viminale è pieno di debiti“.