di Filippo Facci
Ho sempre pensato che mancasse un sostantivo per definire una misura intermedia tra l’amicizia autentica e quella superficiale. «Conoscenti» è ambiguo, sa di questura, «sodali» non lo usa nessuno. Basta niente, in mancanza d’altro, e siamo tutti amici, mentre sovente apprendiamo che si creano e disfano amicizie come se l’amicizia fosse un rapporto a prestazione e non la merce meno disponibile su piazza. Non c’è bisogno di tornare all’Ottocento per risapere che la vera amicizia prescinde dalla morale e soprattutto dal casellario penale: è per questo che in politica ce n’è così poca, è per questo che è affare più da forti che da buoni. Quando Silvio Berlusconi mostra una pubblica amicizia per Marcello Dell’Utri, invero, non so se mi faccia più pena chi vi cerca clamorosi retroscena giudiziari o chi biasima che si possa essere amici con chi è inguaiato con la giustizia. Talvolta ci si chiede che cosa sia un giustizialista: ecco, un giustizialista è chi denuncerebbe un amico financo un familiare, oppure chi, volendolo fare, non staccherebbe il respiratore della moglie o del padre solo perché la legge lo proibisce. A ciascuno la sua morale. Meglio in galera che senza amici veri: questa, per esempio, è la mia.