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 ASSUNZIONI, SOLO QUELLE CLIENTELARI Data: 13/11/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Nella Pubblica Amministrazione, lasciano scandalosamente a casa chi ha vinto un regolare concorso per far posto all’esercito ai precari. Nelle società a controllo pubblico, vogliono lasciare a casa i precari per far posto ai (futuri) vincitori di concorso. È proprio il caso di chiedersi quale sia la vera maggioranza di governo: se è quella che, due giorni fa, ha varato un disegno di legge che prevede, in tutte le società o enti in cui detiene il controllo (come la Rai), di assumere personale soltanto attraverso regolare concorso; oppure se quella che nella Finanziaria assegna ai precari la preminenza di un diritto all’assunzione rispetto a quanti, per titoli e per graduatoria, se lo sono guadagnato dopo una regolare e sudata selezione. Che dire di un governo che si comporta in maniera tanto nevrotica e contraddittoria, laddove da una parte deprime il merito e dall’altra pretenderebbe di premiarlo?

Sappiamo che la stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione è stata una bandiera della sinistra estrema, quella che in ogni decisione tiene per il collo Prodi. Questa sinistra puntava a un provvedimento generalizzato: tutti assunti, senza alcun criterio selettivo. In barba all’articolo 97 della Costituzione, che stabilisce che “nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”.

Alla fine la maggioranza ha trovato un accordo per salvare capra, cavoli (ma non la Costituzione): ogni 100 uscite, nel biennio 2008-2009, verranno assunti 40 precari e 20 vincitori di concorso. Una scelta che premia le amministrazioni che, in questi anni, hanno dribblato il blocco delle assunzioni aprendo le porte al precariato e alla clientela, penalizzando gli enti che hanno optato per una selezione del personale per concorso. Quanti da anni sono in attesa di lavoro, pur avendo conquistato i primi posti nelle graduatorie, sono 70mila e si stanno organizzando, minacciano ricorsi (uno è già partito contro la Regione Toscana) e, in un foro on line, centrano il bersaglio della verità quando spiegano così la scelta del governo: “È una questione di grandi numeri. Visto che i precari sono 400mila, i loro voti fanno gola ai politici, mentre noi siamo più frammentati”. Frammentati, quindi senza visibilità politica, ma anche abbandonati dai sindacati, che difendono il posto di lavoro di chi ce l’ha già e del merito fanno carta straccia. Ma ecco che il “merito”, invece, improvvisamente fa capolino nell’altro disegno di legge (sempre governativo) che dimentica i precari e apre ai concorsi in società ed enti pubblici a controllo pubblico. Un colpo al cerchio e uno alla botte? La spiegazione, stavolta, va ricercata nella legge dei piccoli numeri. Vuoi mettere 400mila precari (e voti) della Pubblica Amministrazione con 800 precari (e voti) della Rai? Un piccolo sacrificio di consenso, ma ben ripagato da un paginone domenicale della Stampa, che strombazza: “Rai, il ritorno del concorso”. Vallo a spiegare ai 70mila che i concorsi li hanno vinti e che questo governo di imbroglioni lascia a casa.

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