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 IL VOTO AGLI ITALIANI ALL’ESTERO: UN DOPPIO ERRORE Data: 01/03/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
IL VOTO AGLI ITALIANI ALL’ESTERO: UN DOPPIO ERRORE
Il voto di fiducia al governo Prodi ha riproposto la discussione sul voto degli italiani all’estero.
Sin dall’esito del voto e dalla quasi impercettibile differenza di forze tra i due schieramenti, il dibattito è stato particolarmente vivace intorno alle conseguenze di questa decisione politica che appare del tutto ingiustificata e, ora, ancor più, del tutto sganciata dalla realtà.
Noi, per quel che vale il nostro parere, siamo stati sempre contrari alla concessione del voto agli italiani all’estero, concesso, dopo decenni di confronto sul tema, con un provvedimento del governo Berlusconi, fortemente influenzato da considerazioni nazional-morali che, pur condivisibili sul piano emotivo, non potevano esserlo sul piano concreto.
La richiesta di concessione del voto agli italiani all’estero è antica. Da sempre, occorre riconoscerlo, il M.S.I., ora A.N., aveva sostenuto questa richiesta, con proposte di legge di iniziativa parlamenta re e anche di iniziativa popolare. Ma mai, nel passato, la richiesta era andata oltre la mera esplicitazione politica. Tutti i governi del Paese, di colorazione diversa, avevano sempre ignorato la richiesta, si diceva, perché questa avrebbe favorito l’allora estrema destra. La realtà era diversa, sin da allora. Infatti, sarebbe facile verificare che in occasione di elezioni di rappresentanti in seno a semplici comitati di rappresentanza degli emigranti, mai l’allora M.S.I. ebbe grande risultati in tali tipi di consultazioni, Spiegheremo fra un attimo perché, in quanto ciò è la stessa ragione dell’insuccesso delle liste estere di centrodestra alle elezioni dello scorso aprile.
Intanto è opportuno invece sottolineare che le ragioni tecnico-giuridiche, nel passato, del costante rifiuto a riconoscere agli italiani residenti all’estero questo diritto, risiedevano in una semplice considerazione, che trova radici nella Costituzione americana, la più laica e liberale e democratica delle Costituzioni moderne: il voto è un diritto di chi partecipa alle spese dello Stato. Cioè, ha diritto di voto chi paga le tasse. Ciascun altra valutazione cozza contro questo semplice e naturale principio che è alla base di ciascun Stato moderno. Gli italiani all’estero pagano le tasse nei paesi di residenza e lì esercitano giustamente il loro diritto di voto: questo diritto non possono esercitarlo dove non pagano le tasse e quindi influenzare ingiustificatamente e spesso senza conoscere alcunché della realtà del Paese di origine, le sue scelte.
Ciò avrebbe dovuto essere motivo sufficiente da contrapporre alle motivazioni morali che invece hanno presieduto, sbagliando, una scelta infelice. Ancor più alla luce dei risultati che però avrebbero dovuto essere prevedibili. Come lo erano quelli delle consultazioni inerenti le rappresentanze degli emigranti all’estero.
I partiti di sinistra, oggi di centro sinistra, usavano già allora come strumento di collegamento con i lavoratori all’estero le delegazioni degli enti di patronato, espressioni delle organizzazioni sindacali, che come è noto sono finanziati dallo Stato attraverso le attività di assistenza sociale che essi sono per legge delegati a svolgere.
L’INCA della CGIL, l’INAS della CISL, l’ITAL della UIL, hanno rappresentanze in tutto il mondo, ovunque ci siano lavoratori italiani all’estero che abbisognano di pratiche assistenziali e/o previdenziali presso gli enti di assistenza e previdenza italiani: di tutti coloro che nel tempo hanno avuto bisogno di assistenza, ovviamente, gli enti di patronato conservano “memoria”, per cui è stato agevole per loro contattarli al momento del voto e indurli a votare per l’unica lista di centrosinistra presentata per le elezioni. Diversamente dal centrodestra che di liste ne ha presentate tre, disperdendo i voti e di fatto consegnando la maggioranza degli eletti al centro sinistra. Nè poteva essere sufficiente ad arginare la preponderante presenza della sinistra, la gracile struttura estera dell’ENAS, patronato della ex CISNAL, ora UGL, vicina ad A.N. i cui risultati non sono stati per nulla brillanti, nonostante che la legge del voto sugli italiani all’estero abbia avuto come padre l’on. Tremaglia, ministro per gli Italiani all’estero. La prima cosa da fare nell’eventuale modifica della legge elettorale, è di eliminare questa incongruenza, cosicché il sen. Pallaro, pur con una pensione italiana in più, possa essere restituito a tempo pieno alle sue attività in Argentina.

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