Hai aperto l'intera News con il titolo:
 SICUREZZA.: TANTE PAROLE E POCHI FATTI Data: 16/11/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Non passa giorno senza che la cronaca sottolinei, con avvenimenti drammatici e spesso sanguinosi, l’attacco costante della criminalità alla vita e ai beni degli italiani. E, insieme, l’incapacità del governo di fronteggiare questo attacco, di garantire il servizio fondamentale che gli Stati moderni forniscono, appunto la pubblica sicurezza.

L’assassinio a Milano di un anziano medico, soffocato dal bavaglio serratogli sulla bocca da rapinatori, presumibilmente originari dell’Est europeo, e l’arresto a Roma di un rumeni che avevano organizzato una vasta rete di sfruttamento della prostituzione, dimostrano, proprio in questi giorni, che la crisi di legalità nella società italiana è stata ingigantita dall’immigrazione clandestina e dall’afflusso di criminali grandi e piccoli provenienti da Paesi dell’Est da poco entrati a far parte dell’Ue, soprattutto romeni.

Alle deficienze note del sistema penal-giudiziario si è aggiunto l’effetto devastante di un’impennata straordinaria di delitti dovuti a centinaia di migliaia di uomini e donne che vivono in condizioni di assoluto degrado, in favelas e campi sorti come funghi. La presenza di questi irregolari, che troppo spesso superano i limiti imposti dalla legge, ha accentuato l’invivibilità di tante periferie, in qualche caso anche di centri storici, invasi dai clandestini e da essi tenacemente tenuti, nonostante le comprensibili proteste degli abitanti. Di qui il moltiplicarsi di scippi, rapine, furti in case e ville, il proliferare di supermercati all’aperto di sesso e droga.

Non va dimenticato che ad aggravare la situazione è stato anche l’atteggiamento del governo, sempre più propenso a sviluppare la politica delle “porte aperte” e a boicottare, quindi, l’applicazione della legge Bossi-Fini, norma che cercava di armonizzare solidarietà e rigore, puntando all’espulsione dei clandestini, dei senza casa e lavoro pronti a vivere di espedienti e di traffici sporchi.

Sul finire dell’estate è apparso chiaro a tutti, persino al ministro dell’Interno e ad altri esponenti del governo, che la crisi della pubblica sicurezza non era più tollerabile. E’ nato così il bluff del “pacchetto sicurezza”.

Il bluff dei disegni di legge

L’enfasi posta al ministro Amato nel presentare il pacchetto sicurezza lasciava intendere che era pronto a emanare norme chiare, severe e immediatamente vincolanti al fine di inasprire le pene per i reati di maggior allarme sociale (scippi, rapine, furti in abitazioni, violenze sessuali, sfruttamento dei minori), impedire le scarcerazioni facili, dare si sindaci poteri di segnalazione e di intervento in materia di sicurezza urbana, dare ai prefetti il potere di espellere gli immigrati anche comunitari che costituissero un pericolo per la pubblica sicurezza. Si era creduto, insomma, che il governo fosse pronto ad usare lo strumento del decreto. Ma il governo, su questa come su tante altre materie, non riesce a parlare e ad agire con unità d’intenti. La sinistra radicale, che sempre più condiziona l’esecutivo del Professore, non intende sentir parlare di espulsioni di immigrati pericolosi, non condivide la necessità della tolleranza zero, non sopporta un ampliamento dei poteri dei prefetti. Questa sinistra è coerente coi suoi ritardi culturali e con le sue ossessioni ideologiche, un incontrollabile riflesso la spinge ad essere contro l’“ordine borghese e capitalistico”.

Così il famoso pacchetto si è scisso in cinque pacchettini, cinque disegni di legge, per i quali nessuno può dire se, quando e come saranno approvati. L’emergenza sicurezza è drammatica, il governo ha risposto con un annuncio: vedremo, discuteremo, faremo…

Decreto con retromarcia

Proprio nei giorni in cui si varavano i disegni di legge Roma e l’Italia tutta sono state turbate dall’atroce delitto di Tor di Quinto, una donna di 47 anni rapinata, massacrata e buttata in un fosso da un rom di 23 anni. L’indignazione dei cittadini ha scosso, almeno così è sembrato, anche Prodi e la sua squadra sgangherata, perché dopo una riunione straordinaria del consiglio dei ministri si è deciso di trasformare in decreto il ddl relativo ai poteri di espulsione dei prefetti. E per un paio di giorni un po’ di rumeni (poche decine in tutto, sia chiaro) sono stati rimandati a casa.

Ma la sinistra radicale non ha mollato. I suoi esponenti hanno fatto sapere che non avrebbero votato le “deportazioni” e Prodi, pur di avere un po’ di requie nelle stanze del suo potere inutile e dannoso, si è impegnato a rivedere in Parlamento il decreto. Le espulsioni dovranno essere convalidate dai giudici di pace, forse dalla magistratura ordinaria. E’ inutile dire che se passasse quest’ultima richiesta della sinistra estrema, il già intasato sistema giudiziario italiano arriverebbe alla paralisi completa. Nell’attesa degli ultimi ritocchi, le espulsioni di fatto si sono fermate.

Con gli ultras nel caos

L’incapacità del governo nel garantire l’ordine pubblico si è avvertita con drammatica evidenza in occasione degli incidenti e dei disordini avvenuti dopo l’uccisione di un tifoso laziale da parte di un agente di polizia nei pressi di Arezzo.

Colpevoli ritardi nel comunicare le modalità del tragico incidente sono stati aggravati da indecisione e dilettantismo. Gli italiani hanno avuto, a ragione, l’impressione che a Palazzo Chigi e al Viminale si fossero insediati degli apprendisti pronti a tutto e capaci di nulla. Ad aggravare il senso di disordine e di precarietà sono intervenuti anche taluni magistrati che, per gli ultras arrestati, hanno espresso diverse, contrastanti interpretazioni delle norme sul tifo violento.

Forze di polizia in affanno

In questo contesto diventa sempre più gravoso il compito che le forze dell’ordine sono chiamate a svolgere. Una scelta politica dissennata del governo ha già portato, con la finanziaria 2007, a una sensibile riduzione delle risorse destinate alle diverse polizie. A causa di quei tagli Ps e Carabinieri hanno dovuto ridurre i servizi di pattuglia, sono a rischio una quarantina di distaccamenti della polizia stradale sui 200 complessivi.

E poi ci sono gli automezzi e gli elicotteri troppo vecchi, la benzina razionata, i debiti per le riparazioni che si accumulano. Polizia e carabinieri sono sotto organico e queste difficoltà sono visibili: in tante città italiane, comprese Roma e Milano, il numero delle volanti è fortemente diminuito.

E nella finanziaria 2008 non si pone rimedio a questo stato di cose: alle forze dell’ordine vanno soltanto insufficienti briciole, il grosso va ai protetti della sinistra radicale e a quei capitoli di spesa che il voto di scambio praticato da Prodi ha moltiplicato col solo scopo di sopravvivere.

La sicurezza, secondo il governo, non è ai primi posti nelle priorità italiane. Ma i cittadini non la pensano così e si preparano a esprimere la loro condanna per l’insipienza e la sordità del governo.

  << Ritorna alle News

  - Regione Puglia
  - Gazzetta del Mezzogiorno
  - Corriere della Sera
  - Portale delle libertà
  - Potere Sinistro
  - Governo
  - Parlamento
  - Il Foglio
  - Il Giornale
  - Libero
  - Panorama
  - Avvenire
  - Vatican News
  - Baribyday
  - Destra Torittese
  - Luciano Lomangino
  - Sole 24 Ore
  - L'occidentale
  - Repubblica