di BRUNO VESPA
Mai come in questi giorni mi sono sentito figlio di un altro secolo. Avevamo saputo che a Perugia si spaccia droga sui gradini che portano al Duomo. Mi sembrava impossibile che un luogo così centrale e così simbolico fosse un luogo permanente di smistamento. Abbiamo perciò incaricato una giovane e brava inviata di Porta a porta di dare un’occhiata con una telecamera nascosta. Il risultato è sconvolgente: alla nostra ragazza, che non conosce Perugia e meno che mai il giro degli spacciatori, è bastato un rapido orientamento per entrare immediatamente in contatto con venditori di ogni tipo di stupefacenti nella piazza più importante del centro storico e nelle strade adiacenti. Fosse andata al mercato a comprare frutta e verdura, avrebbe avuto certamente minore scelta. Come è possibile che questo accada?
La magistratura, la polizia, i carabinieri, i vigili urbani di Perugia ignorano quel che una ragazza venuta da Roma ha scoperto in qualche ora di lavoro? Non è possibile. E allora? Allora viene il dubbio di una drammatica svolta socioculturale: gli spinelli non fanno male, la cocaina fa meno male dell’eroina, per uno che ne prendi ne arrivano cinque… Eppure, mai come in questo periodo gli specialisti più autorevoli sono stati d’accordo nel sostenere che le droghe «leggere» non lo sono affatto, il consumo abituale produce danni permanenti e stati confusionali che possono sfociare anche in delitti come l’omicidio della povera Meredith.
Quel che accade a Perugia si ripete naturalmente ogni sera in moltissime città italiane. Le notizie di arresti sono continue, tuttavia, come abbiamo visto, non c’è un rallentamento di spaccio neppure quando una città e un centro storico sono sotto l’occhio di tutta l’opinione pubblica italiana.
La conferma di un abbassamento dei valori viene da altre due inchieste, una dell’Eurispes e l’altra della Società italiana di pediatria. La prima, svolta in collaborazione con Telefono azzurro, dimostra che soltanto il 7 per cento degli adolescenti non ha avuto rapporti sessuali (altre fonti mediche hanno accertato che per le ragazze il primo rapporto completo arriva intorno ai 15 anni).
La seconda ricerca, condotta fra bambini-ragazzi di entrambi i sessi e di 12-14 anni, è ancora più sconvolgente: un terzo degli intervistati confessa di aver visto un coetaneo ubriaco e quasi uno su due di averlo visto fumare uno spinello. Il sesso libero e senza protezione è diffusissimo.
La mia generazione è vecchia di alcuni secoli e perciò non fa testo: molti di noi a 13 anni portavano ancora i pantaloni corti e le nostre compagne indossavano grembiuli lunghi come le tonache delle suore. Per trovare lo «scandalo» di una ragazza incinta bisognava aspettare la fine del liceo e c’erano lunghi dibattiti con i responsabili del fattaccio che confessavano di non capire come si potesse diventare padri e madri senza aver fatto sesso completo.
Fino a pochi anni fa lamentavamo l’educazione repressiva di genitori che impedivano (e forse impediscono ancora) a ragazze di 16 o 18 anni di far tardi la sera. Oggi le ragazzine (noi avremmo detto bambine) di 12 anni escono di pomeriggio con i jeans e il maglioncino coprimani, vanno in discoteca, si spogliano e fanno le cubiste con una malizia sessuale che farebbe impallidire Lolita. Se continua così, il capolavoro di Vladimir Nabokov verrà inserito tra le letture edificanti degli istituti femminili religiosi. Peccato: se si comincia a far sesso senza limiti a 12 anni, a 30 possono arrivare soltanto noia e depressione dopo dozzine di legami (e magari di matrimoni) sbagliati.