C’è una nuova “merchant bank” a Palazzo Chigi. Ed è peggio di quella che, per dirla con le parole di Guido Rossi, “è l’unica al mondo a non parlare inglese”. D’Alema era un dilettante a confronto del nuovo inquilino, un vecchio lupo in salsa Iri che si muove abilmente e si sta assicurando tutte le leve del potere: dalle banche alle nomine pubbliche. Ora si parla bolognese, ma con quella spolverata di inglese che ai giorni nostri torna comunque utile. Prodi l’ha imparata quando era consulente di Goldman Sachs, laddove i vecchi amici non si dimenticano mai: Massimo Tononi, sottosegretario all’Economia e prima ancora suo assistente all’Iri; Claudio Costamagna, piazzato alla direzione generale del Tesoro.
Chi ci legge, ora dirà: la solita tirata dell’opposizione. E niente di nuovo sotto il sole rispetto ai tempi dell’incidente Telecom e del pizzino di Rovati. Prodi, raggiunto dalle notizie di quella polemica in Cina, se ne mostrò disgustato. E a quel tempo il solerte cronista di Repubblica ce ne illustrò il pensiero: “Prodi non vuole che si diffonda l’idea di una nuova “merchant bank” a Palazzo Chigi, una regia occulta che fa e disfa le trame d’affari del capitalismo italiano”.
Che c’è di nuovo? C’è che proprio Repubblica, affidandosi alla penna di Massimo Giannini, oggi ci racconta una storia diversa: quella di un Prodi al crocevia di tutti gli affari e di un’Italia dove “nelle aziende pubbliche, para-pubbliche o semi-private, tutto è sotto il suo controllo”. Certo non proprio tutte, ma “se supererà a gennaio lo scoglio politico, Prodi potrà preparare come sa (!!!) le grosse nomine in scadenza, da Conti all’Enel a Scarni all’Eni. A quel punto, fuori dalla sua orbita resteranno solo le Poste, dove è comunque in scadenza Massimo Sarmi, vicino ad An”.
L’esemplare affresco di Repubblica (Affari e Finanza) è intitolato “E’ pieno il palazzo dei poteri” e ci informa, tra l’altro, del fatto che “sul fronte bancario il professore dorme fra due guanciali: Intesa-San Paolo da una parte, Unicredit-Capitalia dall’altro, due colossi non proprio targati Pd, ma sicuramente vicini”. E poi “la partita Telecom si è finalmente chiusa decisamente a suo favore con il definitivo crepuscolo del carissimo nemico Tronchetti Provera”.
Chiosa infine Giannini: “Tanti anni di militanza nel quartier generale dell’Iri qualcosa vorranno pur dire. Se è vero che quello è stato il suo Vietnam, come disse una volta, il Professore ha imparato meglio di chiunque altro a combattere la guerriglia del potere”.
Esemplare ritratto di un vecchio arnese i cui “artigli grondano bontà”, come ebbe a scrivere tempo addietro lo stesso Giannini. A noi la soddisfazione postuma di averlo scritto e riscritto tante volte.
Resta da chiedersi: impegnato ogni giorno a guardarsi le spalle e a blindarsi nei corridoi del potere economico, troverà il tempo questo premier di occuparsi dei problemi degli italiani? La risposta la conosciamo tutti. Non è di un ex-presidente dell’Iri e di un nuovo Vietnam che il Paese ha bisogno.