Crolla il muro tra i due eterni campi trincerati della democrazia all’italiana, ed ecco che il presidente del Consiglio s’ingegna a ricostruirlo in qualità di Lord Protettore dei partitini.
È un nuovo Prodi, di lotta e di governo, attivo tanto nella ricerca dei modi per rendere inagibile il terreno dissodato dall’avvicinamento tra Berlusconi e Veltroni sulla riforma del sistema elettorale, quanto nel promuovere gli egoismi dissociativi delle microsoggettività politiche in lotta per la sopravvivenza.
Ogni fermento creativo, annunciante il passaggio a cose nuove, deve spegnersi perché il governo che ha fallito possa sopravvivere a se stesso.
È lo stesso Bertinotti che si è preso il disturbo di notificare al presidente del Consiglio la fine del suo breve regno. Rifondazione comunista prende atto del fallimento dell’Unione e si considera già proiettata nel futuro dalle mani libere del bipolarismo maturo, incardinato su due grandi partiti e un adeguato sistema elettorale. Proporzionale, ma non troppo. Cioè non così proporzionale da pregiudicare la ricomposizione della diaspora della sinistra radicale nella Cosa rossa, fortemente voluta da Bertinotti.
Come dire che Rifondazione non s’identifica più con il governo dell’Unione. Segue “un altro ideale” ed è disposta a tollerare un supplemento di durata di questo governo, solo a condizione che non sia d’intralcio al riassetto del sistema politico.
Le fibrillazioni del centrosinistra, e i maneggi della componente prodiana del Partito democratico, mettono alla prova la leadership di Veltroni. Sua la responsabilità di assicurare un futuro al partito “a vocazione maggioritaria” che ha fortemente voluto.
Nel centrodestra, più che vere e proprie fibrillazioni si verificano scosse di assestamento. L’unità “prepolitica” del popolo di centrodestra fa tutta la differenza nel modo di reagire ai cambiamenti.
Mentre la novità del Partito democratico ha scavato un fossato incolmabile tra la sinistra di governo e la base sociale di riferimento dell’eterna sinistra antisistema, le rivalità tra i partiti del centrodestra sono comunque temperate dalla necessità di fare i conti con una base elettorale comune, molto più interessata all’unità della rappresentanza che alle differenze partitiche.
Nel campo moderato, il vincolo di coalizione è un portato della comunanza degli interessi e dei sentimenti, assai più che dei marchingegni dei sistemi elettorali.
Ciò che assegna a Berlusconi un margine operativo tanto vasto quanto l’orizzonte dell’interesse nazionale, pur nelle forme variabili imposte dal realismo politico in rapporto al mutare dei tempi e delle situazioni.