La manifestazione di sabato scorso a Roma ha fatto comprendere in quale stato di profondo disagio si trovino le forze dell’ordine nel nostro Paese. In piazza c’erano migliaia di poliziotti di tutti i sindacati, autonomi e confederali, agenti della penitenziaria, i Cocer dei Carabinieri e della Guardia di finanza, agenti della Forestale, vigili del fuoco per dire “no” a una finanziaria che destina soltanto insignificanti briciole agli uomini e agli apparati che debbono proteggere i cittadini.
Già la finanziaria 2007 ha dato un duro colpo alle forze di polizia, questa in gestazione in Parlamento non rimedia ai danni, anzi li aggrava con stanziamenti ridicoli.
Mancano uomini, mezzi, dotazioni tecnologicamente avanzate che consentano di contrastare la malavita diffusa, rinforzata da innesti resi possibili dall’immigrazione incontrollata, extracomunitaria e dai Paesi dell’Europa dell’Est.
Non ci sono fondi per gli straordinari, per acquistare la benzina, per rinnovare un parco auto troppo vecchio, per sostituire elicotteri che volano anche da 25-30 anni.
Una situazione insostenibile per un Paese dell’Europa avanzata. Il ministro dell’Interno Giuliano Amato ha affermato di aver colto il segnale e ha promesso di strappare un po’ di risorse, ma altre volte non è stato in condizione di mantenere identiche promesse.
L’attuale governo, per le sue interne contraddizioni ideologiche e politiche, non vuole e non può adempiere al fondamentale impegno di uno Stato civile: garantire la vita e i beni dei cittadini. Nella coalizione di Romano Prodi ci sono formazioni della sinistra radicale che non considerano prioritario un recupero di legalità in Italia, non hanno simpatia per le forze dell’ordine (un antico riflesso culturale e politico), non intendono limitare l’afflusso di immigrati nel nostro Paese, preferiscono la politica delle porte aperte sempre e comunque.
Malavita all’attacco – I cittadini sono spaventati, vivono in una costante percezione di pericolo. Non si sentono sicuri in strada, in casa, nei locali pubblici. La malavita diffusa assedia quartieri e periferie, centri storici degradati; impone i suoi supermercati di droga e di sesso all’aperto; banditi e rapinatori entrano negli appartamenti e nelle villette spesso uccidono oltre a razziare. Scippi e furti in abitazioni sono all’ordine del giorno. La metà delle rapine commesse in Europa è messa a segno in Italia: nei primi sei mesi del 2007 ne sono state denunciate nel nostro Paese 1.565, il 26,3 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Gli immigrati sono ormai la parte più pericolosa e aggressiva dell’esercito malavitoso, hanno creato temibili reti di sfruttamento e di malaffare e non si riesce né a rimpatriarli né a tenerli a lungo in galera.
Grido di dolore – La drammaticità della situazione non sfugge a nessuno. I sindaci di città grandi e piccole, amministratori di destra e di sinistra, hanno trasmesso al governo l’allarme e la preoccupazione delle loro comunità, chiedendo anche maggiori competenze per poter affiancare l’azione delle forze dell’ordine. Ma la risposta dell’esecutivo Prodi è stata fiacca, ambigua, inefficace; gli annunci di maggior rigore e di una controffensiva legalitaria si sono rivelati menzogneri.
Il bluff del “pacchetto” – Ai primi di settembre Giuliano Amato aveva annunciato l’imminente presentazione di un “pacchetto sicurezza”, che avrebbe dovuto garantire maggiori controlli sull’immigrazione (anche da Paesi appena entrati nell’Ue, come la Romania), inasprimenti delle pene per reati che destano allarme sociale (scippi, rapine in casa, violenze su donne e minori, guida in stato d’ebbrezza), certezza delle stesse pene, nuovi poteri per prefetti e sindaci.
La gestazione è stata molto laboriosa, perché, appunto, il governo non riesce a trovare l’unanimità su questa, come su altre, materie.
Solo alla fine di ottobre il “pacchetto” è stato redatto. Gli italiani si aspettavano un decreto che dettasse poche norme chiare, dirette, efficaci che potessero avere subito il valore di legge, ma quello del governo è stato il ruggito del coniglio.
Tutti i provvedimenti dei quali s’era favoleggiato sono stati suddivisi in cinque disegni di legge, per i quali non c’era e non c’è alcuna certezza sulla approvazione e sulla formulazione finale.
Una delusione per i pochi che ancora una volta s’erano fidati di questo governo.
Il flop del decreto – Un atroce episodio di cronaca, l’uccisione a Roma, a Tor di Quinto, di una signora massacrata da un giovane rom ha profondamente turbato l’opinione pubblica. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, allora ha fatto pressioni su Prodi perché ci fosse una reazione ferma. Così il governo ha trasformato in decreto uno dei disegni di legge, quello che conferisce al prefetto il potere di espellere anche gli immigrati comunitari quando risultassero pericolosi per la pubblica sicurezza. Grande enfasi mediatica, annunci, ma la sinistra radicale non ci sta ed esige che taluni meccanismi sui rimpatri vengano rivisti. Si tratta, si media e ne esce fuori un decreto di fatto inefficace.
I prefetti si aspettavano migliaia di espulsioni di “rom” e di altri immigrati provenienti dall’Est, ma in realtà in due settimane sono stati rimpatriati soltanto 177 di questi stranieri.
Adesso della questione non si parla praticamente più. La rabbia dei cittadini però sale e nel Nord Est un centinaio di sindaci, anche in assenza di norme chiare, cerca di limitare, con ordinanze e divieti, l’invasione degli irregolari. Uno di questi amministratori è indagato per usurpazione di pubbliche funzioni: si sarebbe arrogato certi poteri che lo Stato ha, ma non esercita per l’incapacità e l’inerzia di questo governo.