di Renzo Foa -
Da non crederci. Il simbolo della «cosa rossa» è essenziale, quasi povero, due parole e sette strisciate di pennarello con i colori dell'arcobaleno. Nessuna traccia delle icone storiche della sinistra tradizionale o dei verdi. Franco Giordano, Oliviero Diliberto, Alfonso Pecoraro Scanio e Fabio Mussi nel momento in cui hanno unito le loro storie le hanno cancellate. La falce e il martello, che Rifondazione e il Pdci avevano fatto sopravvivere al 1989? Sparite. Il sole che ride, disegnato nel momento dell'irruzione in politica del movimento ambientalista? Svanito. Non c'è neanche un ramoscello d'ulivo, se non altro come pro-memoria dell'ultima stagione bipolare. Neanche una stella o una stellina.
Dunque tutto evaporato. La «cosa rossa» nasce senza segnalare la propria storia. Dichiara le appartenenze - la sinistra e l'arcobaleno - ma lo fa nel modo più scarno, direi povero, come se fosse una lista civica improvvisata per un voto amministrativo. Probabilmente c'è all'origine un problema tecnico-politico che nessun grafico, per quanto bravo, sarebbe capace di risolvere: cioè unire le simbologie di quattro partiti. Ma il sospetto è che, al fondo, ci sia una questione ben più consistente.
Fausto Bertinotti, ormai da tempo, voleva cambiare nome a Rifondazione, dopo aver proclamato la scelta della non-violenza e aver staccato dalla parete i ritratti di Lenin. I verdi, a loro volta, sono un movimento mai stabilizzatosi, che oscilla tra catastrofismo e arte di governo. Il partito di Mussi è nato da poco, deciso da persone che in meno di vent'anni sono passate dal vecchio simbolo del Pci alle querce e alle rose del socialismo europeo, per poi trovarsi fuori dal progetto del Pd. La «nostalgia» appartiene solo a Diliberto, che continua ad attardarsi sulle icone del Novecento. Una sintesi tra storie e culture così diverse sarebbe stata impossibile. Unica soluzione è un taglio netto con il passato. Via il comunismo, via il socialismo, via anche l'evocazione del movimento new-global (che ormai è fuori moda), in una piccola Bolognina (ricordate? Era la svolta di Occhetto nel 1989) un po' ritardata. Con il risultato che resta una semplice e duplice dichiarazione di appartenenza. Appunto «la sinistra», che però è un concetto ampiamente discusso, e «l'Arcobaleno» il quale più che l'ambientalismo evoca il pacifismo, un altro concetto di difficile definizione. Mentre tutto il passato, quello antico e quello più recente, è stato sbianchettato.
Va detto che si tratta di una scelta provvisoria. Quella definitiva sarà fatta sabato e domenica, quando la «cosa rossa» prenderà pubblicamente forma. E quando Marco Rizzo, ultimo dichiarato testimone del Novecento comunista, potrà rinnovare la protesta che ha già manifestato ieri, per la sparizione della falce e del martello, che salvo ripensamenti uscirà dal mercato dopo oltre un secolo di presenza, prima socialista, poi comunista e infine neo-comunista.