Scompare la parola ‘partito’ nel nome del nuovo soggetto politico fondato da Silvio Berlusconi, che si chiamerà ‘Popolo della Libertà’. Il 63,14% dei votanti, nello speciale referendum voluto dal Cavaliere, lo ha infatti preferito all’altro nome in lizza: ‘Partito della Libertà’.
“Sono molto felice di sostituire la parola ‘partito’ con la parola ‘popolo’: è indicativo del fatto che sono i cittadini, gli elettori, gli italiani che hanno in mano il movimento stesso”, ha commentato lo stesso Berlusconi. L’ex premier ha anche fornito gli ultimi sondaggi: secondo i dati in suo possesso il Pdl ha il 37,1% dei consensi, di cui il 35,2% è dato da Forza Italia ed il resto dalle altre forze che hanno già aderito al progetto. Un dato da confrontare con quello del Partito Democratico che attualmente si attesta al 26,2%.
“Se si votasse ora con questa legge elettorale - ha sintetizzato - il centrodestra sarebbe al 57,3% e il centrosinistra al 42,6%”. Berlusconi prova ancora una volta a ricucire con gli alleati nella speranza che possano, un giorno, aderire anche loro.
“Da oggi abbiamo il nome, da ieri gli eletti, tutto il resto è da costruire”, è stata la sua premessa. “Per questo - ha aggiunto - mi sono rivolto a tutte le altre forze del centrodestra per dire facciamolo insieme. Non ho mai detto bussate e vi sarà aperto, non me lo sono mai nemmeno sognato, non l’ho mai pensato”. Il Cavaliere ha spiegato di aver voluto solamente dare seguito ad un accordo già siglato nel centrodestra.
“Nel novembre 2005 - ha infatti ricordato - tutte le forze della Casa delle libertà avevano firmato un documento in cui si impegnavano a procedere alla creazione di una forza politica unita, con l’eccezione della Lega”.
“Da parte mia c’è sempre stato un grande rispetto per tutti i nostri alleati, non c’è stata una sola parola, un solo aggettivo negativo nei loro confronti”.
Passeggiando per le vie del centro di Roma, l’ex premier è tornato sull’argomento e, a proposito del rapporto col leader di An Gianfranco Fini, ha detto: “Forse c’è stato un ‘misunderstanding’, un malinteso, come se noi pretendessimo che gli altri partiti si sciogliessero per entrare nel Pdl”.
Insomma, ha aggiunto, “se gli alleati vogliono farlo, lo faremo insieme costruendo il partito dal basso, se invece decidessero di mantenere, come sarebbe comprensibile, la propria identità rimarrebbe il vincolo di alleanza che abbiamo sempre avuto”. Un po’ diverso, invece, il discorso per il leader dell’Udc: “Casini è tanto che non lo sento”, ha riconosciuto.
“Deve esplicitare cosa intende fare; deve decidere se la ‘cosa bianca’ è un progetto che sta inseguendo veramente oppure se vuole continuare a restare nostro alleato”.
Il suo suggerimento è ovviamente di abbandonare il sogno del grande centro: “Credo che non ci sia spazio oggi in Italia per un partito che decida, secondo la politica dei ‘due forni’, chi deve governare: gli elettori non la vogliano più”.