Fabrizio Ravoni per “Il Giornale”
Per ritardare la pubblicazione della sentenza, e sfruttare al massimo i 45 giorni di tempo, è andato addirittura in ferie il magistrato. Il tempo, però, è scaduto; e sui giornali la notizia è iniziata a circolare (ieri l’avevano “Stampa” ed “Italia Oggi”).
Per queste ragioni, oggi o al massimo domani il Tar del Lazio renderà nota la sentenza con cui accoglie il ricorso di Roberto Speciale contro la sua rimozione da comandante generale della Guardia di finanza; senza aspettare il 22 dicembre: data che dovrebbe vedere il Senato esprimersi sull’ultimo provvedimento della Finanziaria, il disegno di legge sul welfare.
La notizia circolava da tempo nei corridoi del ministero dell’Economia. Non senza qualche disappunto. Dopo il caso di Angelo Maria Petroni (reintegrato dal Tar nel consiglio d’amministrazione della Rai) Padoa-Schioppa incassa la seconda sconfitta. Con l’aggravante, questa volta, del potenziale «danno erariale».
Già, perché a compensazione del danno d’immagine subito dall’ex comandante delle Fiamme gialle ad opera del ministro dell’Economia (al Senato l’ha accusato di «slealtà» nelle istituzioni), Speciale aveva chiesto 5 milioni di euro di risarcimento. Il Tar sarebbe orientato ad accordargliene 3. A pagarli deve essere lo Stato. Ed è probabile che la Corte dei conti avvii una procedura di danno erariale nei confronti di chi, con la rimozione, ha innescato il procedimento. Vale a dire, Prodi e Padoa-Schioppa in primo luogo; più qualche alto dirigente del ministero dell’Economia.
La rimozione di Speciale da comandante generale della Guardia di finanza è stata decisa dal consiglio dei ministri del 1° giugno scorso; che ha anche ritirato le deleghe a Visco. Una scelta attivata da un provvedimento che contemporaneamente nominava Cosimo D’Arrigo a capo delle Fiamme gialle. E che la Corte dei conti ha faticato non poco a convalidare.
A Speciale il governo prometteva un incarico da consigliere proprio della Corte dei conti. Per la burocrazia pubblica si trattava di una di promozione: i magistrati contabili vanno in pensione a 75 anni; mentre tutti gli altri dipendenti pubblici (ed i militari non fanno eccezione) a 65.
Speciale, però, non ha accettato l’incarico. Al contrario, pur in presenza di un ricorso al Tar, si è dimesso dalla Guardia di finanza, è rientrato nei ranghi amministrativi dell’Esercito (da cui proveniva), e avendo già 64 anni, è andato in pensione. Per queste ragioni, nella prossima sentenza non verrà chiesto il suo reintegro in grado e in ruolo, com’è invece avvenuto con Petroni.
Alla rimozione di Speciale si è arrivati dopo lo scontro (verbale ed epistolare) fra il comandante della Guardia di finanza ed il vice ministro Vincenzo Visco, che all’epoca aveva le deleghe proprio sulle Fiamme gialle. Scontro nato dalla richiesta di Visco di rimuovere 4 ufficiali che indagavano a Milano sulle scalate dell’estate dei «furbetti del quartierino»; in modo particolare sulle operazione Antonveneta e Unipol-Bnl. Speciale si oppose ai trasferimenti e da quel momento i rapporti con Visco precipitarono.
Fino al punto che Padoa-Schioppa, al Senato, lo ha accusato di «gravi manchevolezze»; di scarsa «lealtà nelle istituzioni»; di «inadeguatezza al comando».
E sono state proprio le parole del ministro dell’Economia a far scattare in Speciale la volontà di procedere al ricorso al Tar contro la sua rimozione da comandante generale. Ricorso che l’ufficiale ha vinto dal 7 novembre scorso (un giorno prima della camera di consiglio su Petroni), ma che soltanto oggi o domani verrà reso pubblico.