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 ECCO LE MOTIVAZIONI DEL TAR CHE DA' RAGIONE AL GENERALE SPECIALE Data: 15/12/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso con il quale il generale Roberto Speciale contestava la legittimità della sua revoca da comandante della Guardia di Finanza. I giudici hanno stabilito che Speciale non debba comunque avere alcun risarcimento in denaro per i danni che lui ritiene di aver subito. Il generale si era rivolto al Tar del Lazio per chiedere di annullare il decreto con il quale fu rimosso. Cinque milioni di euro era il risarcimento chiesto "alle amministrazioni responsabili" (presidenza del Consiglio dei ministri, Consiglio dei ministri, ministero dell'Economia e delle Finanze, ministero della Difesa) in quanto la rimozione era da lui ritenuta lesiva "non tanto e non solo - si legge nel ricorso - dal punto di vista economico-professionale quanto sotto l'aspetto dell'immagine, della dignità e della onorabilità professionale".

Speciale, tramite i suoi legali Filippo Satta, Gianluca Esposito ed Anna Romano, aveva sollevato una lunga serie di rilievi al decreto governativo firmato dal presidente della Repubblica il 1 giugno scorso. Tutto, partendo da un dato: la vera finalità dietro alla sua revoca - continua il ricorso - "e sostituire un soggetto di diversa nomina politica e politicamente, questo sì, non complice". Lo scopo, quindi, non sarebbe stato la nomina di un nuovo comandante, bensì l'azzeramento totale di quel vertice della Gdf che era costato la perdita delle deleghe al vice ministro Vincenzo Visco.

"Eccesso di potere" La rimozione del generale Roberto Speciale dall'incarico di comandante della Guardia di finanza, rivela un "eccesso di potere" da parte del Governo. E' una delle motivazioni con le quali il Tar del Lazio ha accolto il ricorso amministrativo dello stesso alto ufficiale per contestare il decreto con il quale il presidente della Repubblica, il 1 giugno scorso, firmò la richiesta di rimozione dalle sue funzioni. L'eccesso di potere, secondo i giudici amministrativi, si può "dedurre - si legge nella sentenza - dal fatto che le amministrazioni dapprima propongono il ricorrente per la nomina ad un altissimo ufficio giudiziario (consigliere della Corte dei conti) e appena dopo lo rimuovono dall'incarico fino a quel momento ricoperto per ragioni di seria, se non grave inidoneità al posto".

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