I peggiori governi della Prima Repubblica ci avevano offerto talvolta vicende pasticciate di decreti ritirati, decaduti o abortiti, ma l’esecutivo di Romano Prodi ha raggiunto, con la fine ingloriosa del decreto sulla sicurezza, un vertice mai prima toccato di insipienza, disunione, viltà.
Il 6 dicembre scorso il provvedimento era passato al Senato grazie al solo voto di Francesco Cossiga e per ottenere questo risibile successo il governo aveva dovuto compiere un supremo sforzo d’ipocrisia, assemblando alle norme sull’espulsione degli immigrati comunitari pericolosi per la pubblica sicurezza, un confuso richiamo al trattato di Amsterdam contro le discriminazioni razziali, religiose e sessuali e contro l’omofobia. Questa, diciamo così, aggiunta aveva indotto la sinistra radicale ad ingoiare il rospo di un decreto che non condivideva, ma provocava la reazione di qualche "teodem" che, infatti, non l’ha votato. Di qui la conta risicata al Senato.
Alla vigilia del voto alla Camera sul testo licenziato dal Senato c’è stata per il governo una brutta sorpresa. Dal Quirinale si è fatto sapere, anche in risposta alle perplessità sollevate da senatori dell’opposizione, che il presidente non avrebbe firmato un decreto che, nel richiamare il trattato di Amsterdam, presentava errori e confusioni insanabili.
A questo punto, il governo si è trovato in una posizione insostenibile. Approvare il decreto senza le norme sull’omofobia avrebbe significato tornare al Senato per un altro voto con annesse fibrillazioni. A Palazzo Madama i "teodem" avrebbero approvato, ma la sinistra radicale avrebbe ingoiato l’ennesimo rospo?
Di fronte a queste prospettive terrificanti, Romano Prodi e il suo governo hanno scelto di fuggire, di lasciare morire il decreto promettendone un altro.
È una pagina vergognosa, che segue a tante altre di un governo incapace e diviso, impotente di fronte ai gravi problemi del Paese. La sicurezza è fra questi, da tutta l’Italia sale la domanda forte dei cittadini che chiedono di essere tutelati, nella vita e nei beni, da una malavita diffusa e aggressiva, resa ancor più pericolosi dagli innesti dovuti a un’immigrazione incontrollata, sia dall’Europa dell’Est che dall’Africa e dall’Asia.
Il ridicolo percorso del "pacchetto" – L’allarme per il dilagare della malavita ha raggiunto il culmine nell’estate, quando anche i sindaci di sinistra (a Bologna e a Torino) chiedono, per rassicurare i cittadini, uno sforzo deciso al governo. Prodi promette – anche se non mantiene mai la parola – e ai primi di settembre il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, annuncia con enfasi un mirabolante "pacchetto" sicurezza. Che curerà tutte le ferite: espulsioni per gli stranieri, anche comunitari, pericolosi per la pubblica sicurezza, pene più severe per chi guida ubriaco o sotto l’effetto della droga, misure draconiane per i reati di maggiore allarme sociale (dagli scippi, ai furti e rapine in casa, violenza sulle donne e sui minori) e, ancora, la certezza della pena, con l’eliminazione delle scarcerazioni facili. Giuliano scimmiotta Giuliani, l’americano, e promette "tolleranza zero". Ma questo governo non ha, non ha mai avuto, la forza dei progetti realmente condivisi da tutta la coalizione. Nell’Unione è attiva, e scalpita, una sinistra radicale che porta nel suo Dna ideologico, politico e culturale una radicata avversione alla concezione "borghese" del diritto e della sicurezza. C’è sempre, in quella parte politica, la tendenza e scaricare sulla società, e su un generico disagio sociale, la responsabilità dei crimini. C’è, inoltre, la dichiarata volontà di favorire l’immigrazione, sempre e comunque, con la politica delle "porte aperte", delle sanatorie, con una demagogica concezione della solidarietà che non tiene conto delle limitate risorse del Paese, dell’impossibilità di accogliere sempre e comunque chi si presenti alle frontiere.
Amato promette, Prodi promette, ma il governo non è compatto. A fine ottobre il primo "flop": gli italiani si aspettavano un decreto che li rassicurasse, una risposta ferma e chiara, immediata. Ma il governo non può permettersi nessuno scatto di reni, soltanto il ruggito del coniglio. Pertanto, trasforma le sue intenzioni di fermezza in cinque disegni di legge, dei quali non si sa come e quando diventeranno legge.
Sotto la spinta dell’emozione – La delusione è generale e palpabile. Poi un delitto – l’uccisione a Tor di Quinto della signora Giovanna Reggiani da parte di un giovane rom – suscita in tutto il Paese una forte ondata emotiva. La misura è colma, ne approfitta il neo segretario del Pd, Walter Veltroni, per tentare di dimostrare ai moderati italiani che una sinistra moderna può affrontare i problemi della sicurezza. È Veltroni che incalza Prodi e lo induce a trasformare in decreto legge il ddl con il quale si attribuisce ai prefetti il potere di espellere gli immigrati, anche comunitari, ritenuti pericolosi per la pubblica sicurezza.
Il ritorno mediatico per il segretario del Pd è rilevante, ma presto si scoprirà che sotto la propaganda non c’è nulla. La sinistra radicale non demorde ed evoca, con spregevole strumentalizzazione, le deportazioni nei vagoni piombati. La stessa parte politica lavora dall’interno Prodi e il governo. Comincia il mercanteggiamento, il solito gioco dei compromessi al ribasso. Prodi cede, della sinistra estrema non può fare a meno e quindi concede tutto quello che la "cosa rossa" chiede. Il decreto di fatto viene svuotato di efficacia e risulta un testo farraginoso, di dubbia applicabilità, anche perché la competenza a giudicare sulle richieste di espulsione presentate dai prefetti, passa – come voleva la sinistra radicale – dal giudice di pace al giudice monocratico ordinario. Questo significa immettere centinaia e centinaia di nuovi procedimenti nei già ingorgati circuiti della giustizia italiana: rapidità, addio.
In più, c’è la polpetta avvelenata delle norme sulle discriminazioni e contro l’omofobia, malviste dai cattolici dell’Unione perché, per la confusa formulazione del testo, servirebbero a tacitare chiunque sia pronto ad opporsi, ad esempio, al riconoscimento del matrimonio fra omosessuali.
Il frutto delle menzogne – In queste ore il governo, ancora una volta, raccoglie i frutti della semina di menzogne. Le sue difficoltà, che non hanno precedenti nella storia repubblicana, nascono dalla sua comprovata incapacità di mettersi in sintonia con il comune sentire degli italiani su un tema fondamentale come quello della sicurezza. Pur di conservare il potere ed evitare lo sfratto dal Palazzo, Prodi e la sua compagnia di giro hanno snaturato e svuotato i loro stessi progetti. Senza vergogna, ostentando oltre tutto un ottimismo di facciata che risulta grottesco di fronte all’irreversibile agonia del governo. Che cosa inventeranno, adesso? Quali decreti col trucco presenteranno?
Grazie al decreto morente, finora sono state decise 408 espulsioni di stranieri pericolosi. Se il provvedimento decadesse, questi "indesiderabili" potrebbero tornare o restare nel nostro Paese.
Forze dell’ordine mortificate – Che il governo non abbia mai realmente voluto una più efficiente azione a tutela della sicurezza, d’altra parte, è dimostrato dalla politica folle perseguita nei confronti delle forze di polizia. Con la finanziaria 2007 ne ha ridotto efficienza e possibilità d’intervento riducendo i fondi per uomini e mezzi. Nonostante le polemiche, seguite dalle immancabili promesse, la finanziaria 2008 non ripara il danno. I tutori dell’ordine restano a lottare, oltre che contro la malavita, con gli organici ridotti, i mezzi inutilizzabili, la mancanza di benzina. E, a titolo d’incoraggiamento, si sono trovati la tredicesima decurtata dalla rapacità del fisco.
Disegni di legge a rischio – In questo contesto da teatro dell’assurdo, nessuno può dire che fine faranno gli altri quattro disegni di legge sulla sicurezza approdati da poco alla Camera. Cresce, infatti, il numero di chi è pronto a praticare la "tolleranza zero", ma contro questo governo, s’intende.
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