da "Il Giornale" il 9 gennaio 2007
Mi riferiscono che Bassolino avrebbe dichiarato che non esiterebbe a dimettersi domani, se le sue dimissioni servissero a risolvere l’emergenza-rifiuti. Qualcuno gli spieghi che è perché s’è creata quell’emergenza, piuttosto, che dovrebbe dimettersi. Oggi. Anzi no: da un bel pezzo. E magari restituire ai contribuenti il denaro del suo onorario di presidente di Regione, visto che lo ha incassato senza assolvere i propri compiti.
Quello dei rifiuti è indubbiamente un problema: ne produciamo continuamente con le nostre attività e abbiamo il dovere di occuparcene. Il problema ha evidentemente soluzione visto che è più unico che raro il caso campano. E che, per le colossali proporzioni assunte, è diventato un caso nazionale, che vieppiù evidenzia, in tutta la sua tragicità, la croce che la cattiva sorte ci ha mollato sul groppone: avere Pecoraro Scanio al ministero dell’Ambiente. Sulla questione energetica, questo signore ci ha portato sull’orlo del baratro e coi suoi dannatissimi pannelli fotovoltaici ci sta irrimediabilmente spingendo dentro. Sul trattamento dei rifiuti solidi urbani (Rsu), invece, ce l’ha fatta, e nel fondo del baratro ci ha portato alla grande.
Dovete sapere che il modo più rapido, più economico e più rispettoso dell’ambiente di smaltire i Rsu è l’incenerimento, possibilmente accoppiato alla produzione d’energia. Il modo più bischero è quello della raccolta differenziata; bischerrima all’ennesima potenza, poi, è la cosiddetta raccolta porta-a-porta, che altro non è che la raccolta differenziata spinta fino all’esasperazione. Indovinate un po’ qual è il modo preferito del nostro simpatico ministro. (Un suggerimento: pensate ai pannelli FV per produrre energia elettrica, e che se fosse al ministero della Giustizia, proporrebbe caviale e champagne d’annata ai carcerati) .
Che la raccolta differenziata sia una cosa bischera è semplice da capire. Innanzitutto, con essa non si smaltiscono i rifiuti ma li si separa. L’idea sarebbe di riciclarli. Il condizionale non lo uso a caso. Infatti, il limite della produzione di riciclo è quello di mercato: a che pro un riciclo spinto, ad esempio, del vetro o della carta se poi il mercato del vetro scuro (che è il vetro che si può produrre dalla raccolta differenziata del vetro) o della carta riciclata è limitato? Che cosa succede al vetro e alla carta riciclati che rimangono invenduti? Vanno a finire il primo in discarica e la seconda bruciata negli inceneritori. Tanto valeva portarcela prima. Se l’inceneritore c’è. Ma in Campania non c’è, fatto di cui Pecoraro Scanio è sempre stato orgoglioso, come lo è per l’assenza di reattori nucleari in Italia.
Stare un mese sotto un inceneritore è come stare un quarto d’ora in via del Tritone a Roma. I 4 inceneritori nel Lazio inquinano meno di 5 automobili, e s’inala più diossina a starsene pochi minuti vicino ad un barbecue o a fumarsi una sigaretta. (Vorrei poter spiegare anche che la diossina a piccole dosi fa bene: magari un’altra volta). Francoforte, Zurigo, Vienna, Londra e Parigi hanno, in piena città, inceneritori da 1500 tonnellate al giorno di capacità. Perché loro sì e Napoli no? In Europa, un terzo dei rifiuti viene bruciato e utilizzato per la produzione di energia; in Italia meno del 10%. Perché loro sì e noi no? In Europa un terzo dell’energia elettrica è prodotta da fonte nucleare. Perché loro sì e noi no? Forse perché non hanno, loro, quella croce che la cattiva sorte ci ha mollato sul groppone?
Franco Battaglia, Docente di Chimica Ambientale Università di Modena