In poco più di un anno e mezzo di permanenza al potere, il governo di Romano Prodi e delle sinistre male assortite è riuscito a sfregiare, in modo grave, oltraggioso l’immagine internazionale dell’Italia, alimentando nel contempo, all’interno, un clima di turbamento e di sfiducia. Il Paese che si era imposto all’attenzione del mondo con la creatività e l’energia della ricostruzione e del “miracolo economico”, il Paese che negli ultimi anni aveva riconquistato un ruolo anche in politica estera oggi appare immiserito e stanco e suscita le critiche impietose dell’Europa e dei grandi centri studi internazionali e gli strali della più importante stampa estera.
È un autentico miracolo alla rovescia, la cui responsabilità ricade su quella sinistra divisa, ideologicamente retrodatata e priva di cultura di governo che ha occupato le stanze del Palazzo. Ricade, soprattutto, su Romano Prodi che, con diabolica ostinazione, si è illuso e s’illude di poter cavalcare la tigre. Gli elementi del recente degrado italiano sono sotto gli occhi di tutti ed è bene sottolinearli, perché sia chiaro per quali e quanti motivi è necessario mandare subito a casa il Professore e la sua squadra sgangherata.
La censura al Papa – L’avere costretto Benedetto XVI a rinunciare alla visita alla Sapienza di Roma è l’ultimo, intollerabile segnale dello stile settario e illiberale imposto al Paese dai nuovi governanti. Nell’università, che dovrebbe coltivare lo spirito del dibattito, del dialogo e della civile riflessione sulle sfide e i problemi del presente e del futuro, docenti e gruppuscoli della sinistra radicale e iperlaicista hanno orchestrato una campagna di intolleranza con l’intento di chiudere la bocca al Papa. Si è trattato di un crimine di portata storica, che indica, insieme, il degrado della democrazia italiana e della funzione culturale e civile degli atenei.
Nelle università parlano e dottoreggiano ex terroristi, guitti di successo, campioni sportivi, esperti in frivolezze, ma il Papa deve tacere. Gli esponenti dell’Unione hanno espresso rammarico e condanna per il clima d’intolleranza, ma sono stati anche loro a creare nel Paese un clima di democrazia precaria e di libertà provvisoria.
Il mondo ci guarda e ci giudica e si chiede come mai tanti intellettuali italiani favorevoli al dialogo a ogni costo, anche con gli esponenti dell’islamismo integralista, abbiano voluto censurare il Papa.
Emergenza rifiuti – La “guerra della monnezza”, che ha offerto al mondo le immagini di una Napoli e di una Campania trasformate in un’enorme discarica a cielo aperto, rende in maniera diretta, fisica, maleodorante l’incapacità della classe politica attualmente al potere. Coi rifiuti nei cassonetti s’è bruciata anche la residua, ridicola credibilità del centrosinistra che da tanti anni governa la Regione. Ma con Bassolino e con la Jervolino escono triturati da questa incredibile vicenda anche il governo che, col ministro Pecoraro Scanio in prima linea, ha tollerato le inadempienze e gli sperperi degli amministratori locali. Il ministro dei Verdi, con la sua politica dei “no” (ai termovalorizzatori, agli inceneritori, a tutti gli impianti adottati negli altri Paesi in un costante processo di modernizzazione) è riuscito a determinare uno dei più devastanti disastri ambientali mai registrati in Italia. L’Europa non è più disposta a tollerare i ritardi e le inadempienze che sono all’origine della guerra dei rifiuti e minaccia una procedura d’infrazione, col blocco dei finanziamenti comunitari. Ma il governo non è in grado di agire e rimediare ai suoi errori: sa soltanto balbettare.
Tav – La politica dei “no”, l’avversione ideologicamente motivata alla modernizzazione, l’ambientalismo estremista sono riusciti a bloccare il progetto per la realizzazione della Tav, la tratta ad alta velocità Torino-Lione. Questo collegamento è indispensabile se si vuole inserire l’Italia nelle grandi reti di traffico internazionale. Ma la sinistra radicale e i Verdi si oppongono e il ministro Pecoraro Scanio ha contribuito a rallentare le procedure sostenendo che non è ancora chiaro quale sarà “l’impatto ambientale” dell’opera. Intanto perdiamo la faccia con i partner europei e Bruxelles potrebbe anche negare l’accesso ai fondi già stanziati per l’opera. L’Italia, già screditata, rischia di restare isolata, chiusa dalla cerchia delle Alpi.
La grana autostrade – Nel contenzioso con la Commissione europea rientra anche la questione delle concessioni autostradali. Con la finanziaria dello scorso anno, il governo Prodi si è arrogato il diritto di intervenire sulle concessioni esistenti modificandole e ridefinendo le regole del gioco; ci sono, poi, i problemi relativi alle competenze dell’Anas e la questione Autostrade-Abertis. Le scelte del governo pongono questioni spinose all’esame dei commissari europei per i trasporti, per il mercato interno, per la concorrenza e per la giustizia. Bruxelles ha minacciato la procedura d’infrazione e il governo, nei mesi scorsi, si è impegnato a rimediare nella finanziaria 2008. Ma l’impegno non è stato, pare, mantenuto.
Bruxelles, quindi, preme. Ma c’è ancora un altro rischio: le imprese danneggiate dalle decisioni del governo (decisioni retroattive, prese su contratti già in corso, per i quali le imprese avevano varato investimenti ingenti) se il nodo non verrà sciolto potranno chiedere risarcimenti allo Stato italiano.
Non sono bazzecole: sono in ballo 10 miliardi di euro.
Alitalia – Con una decisione ampiamente contestata, criticata sia negli ambienti imprenditoriali che sindacali, il governo ha deciso di trattare con Air France la vendita dell’Alitalia. Ci sono fondati motivi per ritenere che in realtà potrebbe trattarsi di una svendita, che fra l’altro vedrebbe ridimensionato il ruolo della compagnia italiana.
Nessun esponente del governo, finora, ha saputo spiegare i motivi reali della scelta a favore dei francesi ed è già inquietante il clima di scarsa trasparenza in cui l’operazione va avanti.
Ma il caso Alitalia diventa un aspetto rilevante della “questione settentrionale”. La cessione ad Air France della compagnia di bandiera comporterebbe il ridimensionamento dell’aeroporto di Malpensa, che oggi è un “hub”, cioè uno scalo di primo livello nel traffico internazionale. Non è un mistero per nessuno che Air France intende potenziare Parigi a scapito di Malpensa. Se il governo accettasse supinamente questa impostazione strategica si determinerebbe un danno gravissimo, sia sotto il profilo occupazione - a Malpensa si perderebbero migliaia di posti di lavoro – sia, con implicazioni ancora più pesanti, per i collegamenti, e quindi per la competitività del Nord, che resta la parte economicamente più dinamica del Paese.
Un altro esempio dell’incapacità del governo di mettersi in sintonia coi bisogni reali del Paese. E all’estero si rafforza il convincimento che, con le entrature giuste, sia facile fare shopping di aziende italiane.
David - Arriva da Firenze l’ultima buffonata italiana. In una lettera inviata al sindaco Domenici e al ministro Rutelli l’assessore alla cultura regionale Paolo Cocchi ha lanciato «l’idea del secolo»: perché non trasferiamo il David dalla Galleria dell’Accademia alla Leopolda dove sorgerà il parco della musica e dove potrebbe nascere un museo a misura del gigante di Michelangelo? Per Cocchi la collocazione attuale è «infelice da un punto di vista logistico», vista l’alta concentrazione in zona dei flussi turistici che ingolfano quella fetta di centro storico.
Una soluzione alternativa «potrebbe essere un beneficio per tutti». Cocchi non chiede un referendum per una eventuale nuova sistemazione “dell’uomo più bello del mondo”, ma uno studio dei flussi turistici. Povero David, da eroe biblico a super-eroe che sconfigge il turismo mordi e fuggi, causa del logoramento di Firenze. Idea alternativa: perché non trasferiamo Cocchi? La destinazione? Facciamo un referendum.