DI ANTONIO ROSSITTO
BILANCI Dalla ricostruzione del Sarno all’Osservatorio sul nocciolo: tra musei, progetti sui progetti, enti inutili, tutte le (ultime) spese pazze del governatore.
I cassonetti di Napoli erano già sepolti dal pattume. Eppure il 7 dicembre la giunta regionale campana, guidata con mano ferma da Antonio Bassolino, si mostrava ottimista. Lo stesso presidente, nel primo pomeriggio, firmava la delibera 2104, che elargiva 245 mila euro, «oltre iva», per l’organizzazione di un convegno sulla «Sostenibilità ambientale». Non soddisfatti, due settimane dopo, con l’articolo 13 della Finanziaria, venivano assegnati 150 mila euro per lo studio di un «progetto di vivibilità»: per valutare i bisogni dei cittadini.
Spesucce, per una regione abituata a spandere. Ma che danno una chiara idea di cosa sia diventata la Regione Campania. Un carrozzone dove i costi scriteriati sono ordinari: convegni di dubbia utilità, corsi fantasma, ben pagati consulenti, società create per far poco o niente.
«La corruzione moderna non si fa con le mazzette, ma con le iniziative inutili, i posti di lavoro, le poltrone nei consigli d’amministrazione» sostiene il senatore Massimo Villone, un passato da fedelissimo di Bassolino e un presente da strenuo polemista contro il governatore. «Un meccanismo quasi sempre lecito, perfetto. Ma basato sugli sprechi. Che impedisce la modernizzazione e influenza la vita dei campani». Le tonnellate di rifiuti che soffocano la città lo dimostrano.
La Finanziaria approvata dalla Regione a fine anno è stata annunciata come rigorosissima. Eppure, a leggerla attentamente, qualche dubbio viene.
Tenete a mente questa sigla: Arcadis. In futuro potrebbe far parlare di sé. Dietro il nome poetico si nasconde la nascitura Agenzia regionale per la difesa del suolo. Secondo quanto scritto nella Finanziaria, verrà costituita in primavera. Ricordate la frana che il 5 maggio del 1998 seppellì il Sarno e uccise 136 persone? Allora venne creato un commissariato guidato da Antonio Bassolino, dello stesso tipo di quello per l’emergenza rifiuti. Altrettanto elefantiaco: 185 dipendenti. Ugualmente succhiasoldi: tanto da aver già bruciato 650 milioni di euro.
E i risultati? Non disastrosi come la struttura che avrebbe dovuto risolvere il problema dell’immondizia, ma nemmeno confortanti. Ci sono paesi come Bracigliano e San Felice a Cancello dove, ammette il coordinatore Agostino Magliulo, «i lavori sono fermi al 30 per cento».
Adesso c’è chi teme il peggio. La struttura, per volere della giunta regionale, confluirà nell’Arcadis. Non da sola, ma assieme al Commissariato per l’emergenza bonifica e tutela delle acque, guidato ancora da Bassolino. Con quali risultati? «Modestissimi: solo qualche pulizia superficiale» sostiene il forzista Paolo Russo, ex presidente della commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti. «Anche perché i fondi di questo ente sono stati dirottati altrove». Ciò non ha impedito di assumere nel corso degli anni 97 dipendenti.
Come questo commissariato confluirà nell’Arcadis quello per la bonifica del fiume Sarno: altri 49 lavoratori. Il totale fa 331. «Un carrozzone annunciato» secondo il capo dell’opposizione alla Regione, Francesco D’Ercole. «E di scarsa utilità, visto che di queste cose si occupano già altri».
L’assessore regionale all’Ambiente, Luigi Nocera, afferma che nell’Arcadis confluiranno «non più di 200 dipendenti». Però i precedenti non fanno ben sperare. Resta comunque il dato storico: tre commissariati straordinari finanziati dal governo procedono senza nessuna urgenza, a una velocità da bradipo. Fino a essere inglobati nei ranghi della Regione.
I soldi chi li mette? Nessuno lo sa. Un aiutino lo Stato non potrà probabilmente negarlo. Il resto lo sborserà la Regione. Significa trovare risorse per centinaia di stipendi e alti costi di funzionamento. Ma la Finanziaria appena approvata non prometteva rigore?
Non sempre. Non per tutti. Come giustificare altrimenti i 5 milioni di euro destinati al Madre, il museo d’arte contemporanea diventato il fiore all’occhiello di don Antonio? Un fiore costosissimo. I conti li ha fatti recentemente il consigliere regionale di An Salvatore Ronghi: «Più di 61 milioni di euro spesi in meno di 4 anni. Per un museo che ha pochissimi visitatori e non espone un solo artista napoletano».
In effetti, l’ex viceré di Napoli per l’arte non lesina. Alla mostra Un anno al Madre il 17 dicembre 2007 sono stati concessi 3.812.939 euro. Il 7 dicembre si sono volatilizzati altri soldi: 1.009.330 euro. Il 28 settembre, per le esposizioni di Rachel Whiteread, Marisa Merz e Claude Closky la giunta ha elargito 1 milione tondo. Lo stesso giorno altri 300 mila euro sono serviti ad acquistare un cavallo dello scultore Mimmo Paladino; e qualche tempo prima alcune opere dell’artista indiano Anish Kapoor erano costate oltre 2 milioni di euro (spesa «molto contenuta» secondo la delibera d’acquisto).
Ora, anche a rischio di apparire insensibili verso l’arte: più di 10 milioni di euro in 3 mesi per autori contemporanei sono o no un’enormità? Soprattutto in Campania, e in questo momento. Specialmente con i soldi dei cittadini.
E come considerare i 750 mila euro stanziati, ancora nell’ultima Finanziaria, per la Fondazione culturale Ezio De Felice? Ha avuto addirittura l’onore di meritare da sola l’articolo 77 della legge. Di che si occupa? Mistero. L’unica cosa certa è il nome della presidentessa: Eirene Sbriziolo, ex assessore regionale all’Urbanistica, di sicura fede bassoliniana.
Enti, fondazioni, istituzioni: i beneficiati dagli stanziamenti sono innumerevoli. «Anche negli ultimi tempi, sebbene il mastodontico debito regionale continui a crescere, l’andazzo non cambia» lamenta il consigliere regionale azzurro Fulvio Martusciello.
Le voci di spesa sono le più fantasione. Il 29 gennaio 2007 viene comunicato che 211 mila euro andranno all’Università Federico II per il progetto di ricerca «Valutazione dei rischi per il consumatore da molluschi bivalvi». Il 2 marzo è approvato l’ennesimo finanziamento per la scorsa edizione del Vinitaly: 200 mila euro da sommare a 1,1 milioni già concessi e a 1,850 milioni serviti per allestire lo stand della Regione Campania.
Cifra alta, ma giustificata dal coinvolgimento dell’architetto Gae Aulenti, incaricato di progettare una struttura «a cielo capovolto». A fare due conti, 3,150 milioni di euro per promuovere i vini campani. Attività forse utile, certamente cara.
L’11 maggio la giunta decide di finanziare con la bellezza di 400 mila euro il progetto «Una voce per Padre Pio», programma tv condotto da Massimo Giletti. Mentre risale al 9 luglio l’attesissima comunicazione dell’accordo per l’«Osservatorio sul nocciolo».
C’è poco da ridere. Già nel 2004 la Campania aveva incaricato la Nomisma, società di studi economici fondata da Romano Prodi, di svolgere uno studio di fattibilità. Ottenuto parere positivo, Bassolino e i suoi si erano industriati. Il contributo concesso ammonta a 334.772 euro: Giffoni Valle Piana, Salerno, diverrà la capitale del noto frutto. Per l’Osservatorio non si baderà a spese: sono previste sette assunzioni. Tra cui un coordinatore, che percepirà 100 mila euro l’anno.
A Giffoni hanno gradito l’interessamento. Difatti lo scorso 16 dicembre il Comune ha consegnato nelle mani di Andrea Cozzolino, assessore regionale alle Attività produttive e bassoliniano di ferro, il premio Nocciola d’oro.
È andata peggio all’assessore per le Politiche giovanili Rosa D’Amelio, fischiata a più non posso lo scorso 18 luglio mentre annunciava trionfale, a nome del governatore si capisce, lo stanziamento (regionale, ovviamente) di 30 milioni per la nascita della Multimedia Valley.
Con Giffoni la regione non ha fatto economia. Altri 5 milioni di euro serviranno per un altro ambizioso progetto: il Museo del mare. Splendida idea, non fosse che a Giffoni il mare non lo vedono neppure con il binocolo. Come si giustifica tanto attivismo? L’ex sindaco della città, Ugo Carpinelli, compagno di partito di Bassolino, siede in consiglio regionale. Sarà un caso?
Progetti, programmi, tavole planimetriche: attività in cui a Palazzo Santa Lucia, sede della giunta, sembrano eccellere. Lo scorso 17 luglio la giunta si è però superata: 21,385 milioni da investire in 36 studi di fattibilità. Il bello però deve ancora venire. Il 15 per cento di questa montagna di soldi servirà per gli studi di prefattibilità. Che significa? Con più di 3 milioni si stabilirà se è davvero il caso di avviare un progetto, che a sua volta studierà la possibilità di avviare lo stesso progetto di prima. In una parola: fuffa.
Miriadi di dettagli inutili, cavilli buoni per sperperare. Qualche esempio: per 1,5 milioni un gruppo di teste d’uovo pagate dalla Regione stabilirà se e come «valorizzare le risorse endogene» del turismo; un altro manipolo, grazie a 700 mila euro, dirà quanto è stringente «la riqualificazione urbana dei siti Unesco».
Insomma, studi sul nulla. Come il sito telemedicina.campania.it. Un gingillo costato 4,164 milioni. Doveva essere una banca dati di pazienti. Peccato non sia mai entrato in funzione. È andata meglio con il portale dell’assessorato al Turismo. Costato però lo sproposito di 3,171 milioni.
Poi manifestazioni, sagre, meeting, concerti. Nel bollettino ufficiale della Regione si trova di tutto. Perfino traccia di un obolo di 37.500 euro per una manifestazione ad Angri, nel Salernitano. L’incontro: «Ma dove siamo capitati!». Raramente titolo fu tanto azzeccato.