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 Dieci motivi per licenziare Pecoraro Scanio Data: 21/01/2008
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
La parola che accompagna la politica ambientale di Pecoraro Scanio è “no”. Se fosse per lui l’Italia anziché competere con l’Europa dovrebbe tornare indietro, ai tempi in cui si viaggiava in carrozza e si accendevano le candele. E la sua politica del “non fare” è già costata al Paese qualcosa come 70 miliardi di euro. Una cifra destinata a crescere se il responsabile non viene “licenziato”.

No alle grandi opere

Lo scorso novembre, l’Unione Europea ha stanziato 671 milioni di finanziamenti per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione. Un miracolo, visto che il governo aveva stralciato il progetto, non apprezzato dal Ministro che si conferma contrario al progetto lasciando ancora i cantieri fermi. Due ministeriali “stop” anche per il Mose di Venezia perchè, secondo il ministro, i cantieri non avrebbero ottenuto l’autorizzazione paesaggistica e per il Ponte di Messina definita un’opera “faraonica e inutile”. E a questo punto anche “costosa” perché, oltre a perdere il finanziamento, lo Stato dovrà pagare una “robusta” penale con le imprese appaltatrici.

No ai termovalorizzatori e discariche ferme

L’ineffabile ministro si è sempre dichiarato contro i termovalorizzatori anche se quello di Acerra avrebbe senz’altro impedito che la Campania venisse coperta dalla spazzatura. Ma oggi si svela essere contrario anche alle discariche. Per fronteggiare il problema dei rifiuti nel napoletano, il consiglio dei ministri ne istituisce quattro: Pecoraro Scanio non firma il provvedimento e va a Serre a portare la sua solidarietà ai cittadini contrari.

No al nucleare

L’Italia importa l’85% del gas e del greggio necessari per il nostro fabbisogno (la media dell’Unione Europea non supera il 50%). Una dipendenza energetica dall’estero che provoca gli aumenti delle bollette per i cittadini: con il 2008, l’autorità per l’energia prevede un rincaro del 3,8% per l’elettricità e del 3,4% per il gas. Nonostante questo, il ministro si è ancora una volta dichiarato contro l’energia nucleare definita “costosa e pericolosa” e non gli importa di verificare che invece la Francia soddisfa serenamente e felicemente il 76% del suo fabbisogno energetico con il nucleare e i Paesi dell’Est con quote che vanno dal 40 al 50%.

No ai rigassificatori

Tali impianti permetterebbero un più facile approviggionamento di gas e di conseguenza un abbattimento del costo sulla bolletta. Ma nove rigassificatori su dieci non riescono ad aprire battenti per i “no” del ministro dell’Ambiente.

No al carbone

Anche le centrali al carbone non piacciono al leader dei Verdi perché è il combustibile con maggior livello di emissione e quindi inquinante. A rischio le centrali di Civitavecchia e di Porto Tolle, in provincia di Rovigo.

No agli Ogm

L’Unione Europea ha confermato che gli Ogm (organismi geneticamente modificati) non determinano alcun inquinamento genetico liberalizzando di fatto la sperimentazione. Il ministro dell’Agricoltura, Paolo De Castro, aderendo alle indicazioni europee, mette a punto un disegno di legge in materia ma Pecoraro Scanio si oppone e non firma i protocolli determinando il mancato rispetto delle direttive europee e un ennesimo ritardo nella ricerca e sulle nuove tecnologie.

Sì a tanti consulenti

Nel bilancio dello Stato il ministero dell’ambiente è quello che incide maggiormente per i costi provocati dalle consulenze: Pecoraro Scanio gode di ben 344 consulenti, impegnati in studi di “Qualità della vita” (7), “Protezione della natura” (54), “Ricerca ambientale”(107), “Difesa del suolo” (138), “Salvaguardia ambientale” (14) più altri destinati al gabinetto del ministro e a disposizione dei sottosegretari. Viene da chiedersi: cosa fanno tutti gli impiegati del ministero?

No alle commissioni

Il 27 luglio scorso, il ministro azzera le due commissioni, Via e Vas, deputate a rilasciare il nullaosta per progetti infrastrutturali nel settore energetico-ambientale. Molte società, penalizzate dal provvedimento, minacciano di fare ricorso al Tar tanto che il ministro le ricostituisce dopo appena 15 giorni.

Rivoluzione al Ministero

Per razionalizzare la struttura, il ministro ha provocato le ire di tutti: dei sindacati che lamentano di non essere stati ascoltati, dal Consiglio di Stato secondo cui le modifiche umiliano “l’apporto partecipativo del personale” e persino dalla compagine di centrosinistra. L’unico soddisfatto è il ministro perché questa operazione gli permette di assumere più e nuovi dirigenti.

No alla legge Matteoli

Con una serie di stop and go, di violazione delle regole procedurali, l’impegno principale di Pecoraro Scanio è stato lo smantellamento del decreto legislativo messo a punto dal suo predecessore, Altero Matteoli. Un’iniziativa che a lui ha fatto collezionare rimbrotti e bacchettate da parte degli organi istituzionali ma ha lasciato tutto il settore e le imprese nel caos più totale, senza una normativa chiara di riferimento.

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