di MAURIZIO BELPIETRO
Io e Sandra siamo la coppia col più alto tasso istituzionale: io ministro, lei presidente dell’assemblea regionale campana, ma domani chissà…”. Appena un anno fa Clemente Mastella rispondeva così a Stefania Rossini che gli chiedeva del sodalizio familiar-politico tra lui e la moglie. Quando parlava del futuro il guardasigilli sognava a occhi aperti: “Potremmo avere un destino alla Bill e Hillary Clinton. Perché no? Cossiga addirittura mi incita a far di mia moglie la nostra Ségolène”.
I guai erano dietro l’angolo ma il ministro non lo sapeva e si descriveva come Enea che aveva lasciato l’antica patria morente per costruirne una nuova: nella metafora la terra agonizzante era la Dc, quella rinata l’Udeur. L’ex ragazzo dell’Azione cattolica con un passato di portaborse di Ciriaco De Mita ormai si sentiva lanciato: capopartito, ministro importante, ma soprattutto ago della bilancia nel complicato gioco d’equilibri che sorreggeva Romano Prodi e il suo governo.
Certo, all’epoca Clemente non immaginava che sarebbe presto diventato l’uomo simbolo della casta, ossia di una classe politica privilegiata guardata con sospetto, quando non con odio, dall’opinione pubblica. Ma gli bastarono i primi mesi del 2007 per accorgersi di essere nel mirino.
Prima un avviso di garanzia per il fallimento del Napoli calcio, poi la polemica per le case degli enti previdenziali comprate a prezzi stracciati e il volo di Stato per andare al Gran premio di Monza, quindi l’avviso di garanzia della procura di Catanzaro. Il colpo finale è stato l’arresto della moglie. Così, dopo aver minacciato le dimissioni almeno una dozzina di volte per puro gioco politico, Mastella è stato costretto a darle davvero.
Un’uscita di scena con finale da commedia all’italiana, anche perché c’è un solo precedente di ministro della Giustizia caduto per mano giudiziaria: per trovarlo bisogna tornare indietro di 15 anni, all’epoca di Tangentopoli, quando Claudio Martelli fu abbattuto dal conto Protezione. Il siluramento dell’ex delfino di Bettino Craxi fu l’inizio della fine del governo Amato, ultima speranza di tenere in piedi la Prima repubblica. Fatte le debite proporzioni, le dimissioni di Mastella rischierebbero di avere lo stesso effetto su Prodi e la Seconda repubblica.
Come 15 anni fa, l’addio del guardasigilli cade nel periodo di massima sfiducia nei confronti delle istituzioni, oltre che di crisi del Paese. Nonostante le rassicurazioni del capo del governo l’economia non cresce e invece di diminuire il debito pubblico cala la credibilità dell’Italia.
La spazzatura di Napoli e le contestazioni che hanno impedito al Papa di parlare all’Università di Roma hanno assestato due colpi mortali all’immagine internazionale. Le foto dell’immondizia hanno fatto il giro del mondo e ancora ieri campeggiavano sulle prime pagine dei giornali stranieri, testimonianza di un Paese che non sa come risolvere un problema chiave di qualsiasi comunità civile.
Venti anni fa Giampaolo Pansa pubblicò Lo sfascio, ritratto di politici politicanti, portaborse e malfattori. Il libro era la descrizione di un sistema giunto al capolinea senza accorgersene. Come allora, oggi la storia si ripete.