Nell’effluvio di dichiarazioni post mortem del governo Prodi ce n’è una che merita di essere sottolineata. L’ha fatta il segretario dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto, l’uomo che è stato anche ministro della Giustizia e che recentemente ha proposto di portare a Roma, magari nel Pantheon, la mummia di Lenin di cui i russi vogliono disfarsi.
Probabilmente innervosito dall’esito del voto al Senato e impensierito da quello che potrà succedere nei mesi seguenti, Diliberto ha affermato con il solito becero cinismo: “Se la sinistra avesse avuto capacità decisionale autonoma in questo governo, a quest’ora Berlusconi non avrebbe più le sue tre televisioni”.
Buttata lì alle dieci di sera dopo una giornata caotica sembrerebbe soltanto lo sfogo deluso di un politico sconfitto. Potrebbe fare il paio con quell’altra illuminante dichiarazione che lo stesso Diliberto fece nello scorso febbraio, quando spiegò ai giornalisti che lui partecipava ai talk show televisivi semplicemente per “fare vedere che siamo diversi. Io sono diverso da Berlusconi, bisogna far vedere che ci fa schifo”. Stavolta no. Non è così. Stavolta la frase sboccata di Diliberto è lo smascheramento di un progetto fallito e per questo messo in pasto a tutti, dopo la certificazione del fallimento. Certo è difficile credere che nelle intenzioni programmatiche del governo Prodi ci fosse davvero l’idea dell’esproprio proletario nei confronti di Berlusconi, ma le parole di Diliberto rivelano l’odio ancestrale, l’idiosincrasia congenita, l’ostilità serpeggiante in tutto lo schieramento della sinistra radicale non solo verso il leader di Forza Italia, ma verso quello che rappresenta, politicamente e culturalmente; verso il liberalismo, nemico acerrimo del comunismo, verso la possibilità, mediante, le reti televisive, di diffondere un pluralismo evidentemente sospetto agli occhi di chi voleva leggi restrittive.
In verità, lo sfogo del segretario comunista fa soltanto ridere; ma denota come in questi mesi di governo sia covata all’interno dell’ala oltranzista della coalizione prodiana una voglia di rivalsa, per vie extrapolitiche, verso il “nemico” che, per giunta, riesce a catalizzare attorno alla sua proposta politica, liberamente, decine di milioni di italiani.
Dobbiamo dire allora che il pericolo è scampato? No, ma certamente le dichiarazioni di Diliberto raccontano con una chiarezza inconsapevole, quello che in questi mesi si è pensato di Berlusconi dentro quello schieramento.
Adesso, caduto il muro, cominciano ad emergere dettagli che solo si intuivano. Dettagli, per fortuna non oggettivamente pericolosi, ma sufficienti a far pensare che, oltre che per altre e forse più urgenti ragioni, la caduta di questo governo sia davvero stata salutare per la democrazia italiana.