ALL'INDOMANI DELLA GIORNATA DDELLA MEMORIA PUBBLICHIAMO UN ARTICOLO DI FIAMMA NIRENSTEIN, GIORNALISTA E SCRITTRICE EBREA, DAL TITOLO EMBLEMATICO "QUELLA CRIDELT' CHE NON E' TRAMONTATA".
Sono passati più di 60 anni dalla Shoah e non abbiamo affatto la conferma che ci vorrebbe assicurare lo slogan preferito dalle commemorazioni:“Never again”. Mancano due garanzie fondamentali: la speranza che la vittoria della democrazia abbia confermato che la natura umana ha alla sua base una radice buona, che il destino umano sia magnifico e progressivo; e, in secondo luogo, che gli ebrei non siano di nuovo candidati allo sterminio.
Dal tempo della Shoah, nella somma indifferenza del mondo, altre stragi grandiose hanno avuto luogo, fra cui in Cambogia, in Ruanda, oggi in Darfur. Inoltre, si è consolidata una terribile invenzione nella persecuzione di massa dei civili: quella del terrorismo suicida e quella del lancio di missili su città inermi, azioni accompagnate e fomentate da valanghe di ideologia della morte.
La nostra civiltà è ancora imbelle di fronte alle nuove forme di crudeltà contemporanea; non rispondiamo adeguatamente alle forze del male. Anzi, cerchiamo giustificazioni al male stesso. Mentre, di fatto, promettiamo guerra eterna alla crudeltà in nome dei martiri della Shoah, cresce libero e persino teorizzato una specie di cannibalismo concettuale e pratico del nostro tempo: esso contempla la rivendicazione da parte di leader, applauditi da folle immense, del possesso di parte di corpi umani, di mani, di piedi, di teste; esso consente la promessa continua e reiterata da parte di vaste masse islamiche estremiste di fare a pezzi, di tagliare teste, di uccidere bambini come anticipo di soldati e quindi carne da macello per il prossimo terrorista suicida.
E gli ebrei sono innanzitutto l’oggetto preferito di minacce dirette di sterminio e di alleanze distruttive, come quella iniziata nel 2005 da Ahmadinejad con la Siria, gli Hezobllah e Hamas. L’esportazione in Europa dell’antisemitismo travestito da critica politica a Israele, è senza vergogna: il rifiuto della più alta autorità mussulmana a Roma di recarsi, invitato, in visita alla Sinagoga è insieme una negazione dell’importanza della Shoah - che del resto ormai è negata in gran parte del mondo mussulmano - ed una dichiarazione di guerra agli ebrei che hanno un rapporto affettivo con lo Stato d’Israele, ovvero quasi tutti.
Oggi, mentre commemoriamo la Shoah, l’odio antiebraico non è un fenomeno marginale, né un residuo del passato. Esso è un grande fenomeno contemporaneo con una nuova editoria, nuovi programmi televisivi, una grande produzione mediatica, nuovi slogan politici nella peggiore delle ipotesi apertamente genocidi e, in molti altri casi, sottilmente determinati a rimettere in discussione lo Stato ebraico, ovvero quel miracolo di vitalità che, unico, ci assicura davvero la promessa di quel “Never again”.