di Luca Telese
Un accordo elettorale fra Berlusconi e Veltroni? Gli pare «Una bellissima utopia: utile, ma purtroppo irrealizzabile». Un grande accordo per le riforme? Lo considera «doveroso e necessario». Se c’è uno in Italia che ha ipotizzato «il veltrusconi», il patto costituente tra i due leader dei poli quando a tutti gli osservatori sembrava fantascienza, quello è Giuliano Ferrara. Ed è al direttore de Il Foglio dunque che bisogna tornare per capire cosa accade e cosa può accadere. Ferrara lo trovi al telefonino mentre gira l’Italia per una raffica di conferenze martellanti: «Contro l’aborto, per il diritto alla vita e contro l’infanticidio». Eppure è una specie di computer nel ricostruire un percorso di avvicinamento anomalo. Ed è quasi pirotecnico nel declinare le sue combinazioni politiche a 360 gradi: a favore di un dialogo Berlusconi-Veltroni, ferocemente contrario a Stefania Prestigiacomo candidata in Sicilia («Se lo fa mi candido contro!»), sorprendentemente propenso a una candidatura di Francesco Rutelli a Roma («Sono pronto a votarlo»).
Ferrara: oggi le sue analisi si inverano, tre anni fa sembravano azzardi o provocazioni...
«Che ci fosse un macroscopico problema di sistema mi è chiaro da sempre. Che serva un governo di unità nazionale lo sostengo dalla notte del voto».
Lei lo chiese, ma non c’erano margini.
«Feci di più, mi adoperai perché avvenisse. Ospitai il professor Sartori – fautore di questa tesi – in una puntata di Otto e mezzo che andrebbe rivista, per la chiarezza con cui poneva i problemi incontrati poi».
Allora il centrosinistra disse niet anche ad eleggere una personalità di centrodestra alla guida di una Camera...
«E fu un errore. Ma i pozzi erano avvelenati già dalla campagna elettorale. Non solo dall’Unione, che maramaldeggiò sul declino italiano... Ma anche – a onor del vero – da Berlusconi che diede dei “coglioni” agli elettori della coalizione avversa».
Lei non si stanca di chiedere un fair play che pare irrealizzabile.
«E perché? Serve un confronto duro e corretto. Io credo che stavolta sia Veltroni che Berlusconi abbiano capito che non se ne può fare a meno, che vanno accantonate le demonizzazioni».
Lei tornò alla carica al momento di votare per il Colle...
«Se si fosse scelto in una chiave di dialogo un giovane come D’Alema – come speravo - si sarebbe favorito un patto costituente per l’Italia».
E Napolitano per lei lo ha ostacolato?
«Bella figura, per carità, ma indubbiamente conservatrice».
Le sue speranze si sono riaperte, non è un mistero, con l’ascesa di Veltroni. Perché?
«Il Pd è nato dalla crisi del prodismo, ma in qualche modo l’ha anche accelerata, aumentandola».
Lei sostiene Veltroni per... “disarticolare” il centrosinistra?
«No, al contrario. Perché se in quel ruolo fosse andato un “amministratore di condominio” il Pd diventava la stampella di Prodi e la stagione delle riforme sarebbe morta in culla».
Invece Prodi è andato a fondo, e siamo alla partita di oggi.
«Premetto che la vera rivoluzione italiana, la fine della seconda Repubblica, è stata la nascita di Forza Italia, nel 1994. Ma la nascita del Pd completa il processo di rinnovamento anche sull’altro “piatto” della bilancia. Questo vuol dire che grazie alla rivoluzione del predellino il sistema è definitivamente sbloccato».
Ovvero?
«Adesso il muro che divide la politica italiana si può abbattere».
Mi faccia un esempio...
«Magari si potrà riconoscere l’anomalia di un magistrato incompetente che arresta ingiustamente la moglie di un ministro e mette alla sbarra il suo partito?».
Lei ha solidarizzato con lady Mastella...
«Mi piacerebbe che di questo assurdo si accorgessero anche i corrispondenti anglosassoni, sempre pronti a scrivere pezzi spocchiosi sul nostro Paese».
Lei sognava un incarico a Veltroni?
«Se davvero voleva questa riforma, forse, era bene che ci provasse lui. Non lo ha fatto, adesso l’equivoco è caduto».
E che succede?
«Si va al voto, e vince il migliore, ovvero Berlusconi».
Si apre una campagna elettorale difficile.
«Se non sarà belluina ci guadagneranno entrambi. E un accordo ci può essere dopo il voto».
Ai falchi di centrodestra fischiano le orecchie.
«Anche il più focoso dei rinfocolatori dovrà arrendersi all’evidenza».
E a sinistra?
«Il fatto che Veltroni vada da solo gli permetterà di liberarsi una volta per tutte del ricatto dei Santoro, dei Travaglio, dei professionisti della gogna mediatica».
Veramente i maliziosi, come D’Alema, ipotizzano che questa sia la via per ipotecare la sconfitta dell’Unione...
«Ah, ah, ah... No, D’Alema ha fatto quella battuta su di me perché sogna un partito vecchia maniera, in cui poter contare come sempre. Io sogno un leader che possa decidere».
Vuol dirmi che più che un berlusconismo interessato il suo è un fervore veltroniano?
«Eh, eh, sì, diciamo così. Un partito nuovo ha senso, una cosa che metta insieme la socialdemocrazia e la tradizione della sinistra democristiana non va da nessuna parte».
Come se la immagina la campagna elettorale?
«Se si libera il campo dei vecchi fantasmi, dovrebbe essere centrato sull’unico tema vero che vedo: la cultura della vita contro la cultura della morte, la follia dei medici che negano persino la rianimazione dei bambini, l’infanticidio legalizzato! Ecco perché se si candida Rutelli a Roma lo voto, se lo fa la Prestigiacomo in Sicilia le corro contro».