La decisione di Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e dei gruppi dirigenti di Forza Italia e Alleanza Nazionale di presentare una lista unica alle prossime elezioni politiche rappresenta una scelta di continuità con il progetto annunciato dal Presidente di FI qualche mese fa e, a un tempo, va intesa come il simbolo dell'unità di ideali e di valori che unisce i partiti del centrodestra e il loro elettorato.
Il “Popolo della Libertà” non è un progetto, ma una realtà che ha profonde radici storiche e culturali. Non si tratta di una “fusione fredda” fra apparati di partito, come avvenuto al momento della nascita del Pd di Veltroni, ma della presa d'atto che gli elettori della ex Casa delle Libertà si riconoscevano e si riconoscono idealmente sotto la stessa bandiera, senza divisioni ma con un comune afflato che si è naturalmente trasmesso dalla base ai vertici dei partiti.
La lista unica del centrodestra è quindi la risposta della gente comune, che diventa più che mai protagonista della vita politica del Paese, all'assalto dell'antipolitica e alla retorica del “vecchio” e del “nuovo” con cui i sostenitori di Veltroni stavano cercando di ammantare la campagna elettorale. C'è da riflettere su un “nuovo” formato da un segretario impegnato in politica dal 1976 e coinvolto in una furiosa lotta interna con i seguaci di D'Alema, proprio il nuovo che avanza! La realtà è che Veltroni si è trovato costretto a tagliare i ponti con la sinistra radicale dopo il disastroso fallimento del non-governo dell'Unione. Si potrebbe dire che la sinistra italiana ha subito con quasi vent'anni di ritardo il crollo del suo “Muro di Berlino”, e si è trovata a dover risolvere all'improvviso il dilemma sulla propria identità colpevolmente mai affrontato prima. Ma, va detto chiaro e forte, la “ricostruzione” che Veltroni sta cercando di avviare, con fatica e fra mille contrasti interni al suo stesso partito, richiederà tempo e, soprattutto, fatti concreti.
Le macerie del “muro” appena caduto a sinistra sono ancora sul terreno, e il tentativo di infiocchettarle e di presentarle come la novità della politica italiana è soltanto un inganno, un giochino troppo scoperto e facile da smascherare.
L'unità fra i partiti del centrodestra, invece, è il prodotto naturale di un comune sentire che si incarna nella lista unica che vede i principali partiti della ex CdL marciare uniti, con il fondamentale apporto della Lega Nord, in rappresentanza di un unico popolo.
Per questo l'Udc può/deve aderire a un progetto che i suoi elettori per primi condividono. Non c'è alcun motivo di separarsi o di correre da soli, anzi, è vero esattamente il contrario: l'Italia del dopo Prodi deve affrontare gravi e urgenti problemi, deve cambiare rotta e non ha bisogno di schermaglie e tatticismi, ma di unità d'intenti, di coesione, di una guida politica pragmatica e forte in grado di fermare il declino e di dare nuove speranze ai cittadini, un nuovo impulso all'economia e un progetto di ampio respiro sul futuro.