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 PRODI LASCIA UNA ITALIA IMPOVERITA Data: 08/02/2008
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
È bastato poco più di un anno mezzo al governo di Romano Prodi per mettere in ginocchio il Paese. La sciagurata ricetta del “tasse e spendi”, alla quale sempre fa ricorso la sinistra, ha avuto effetti gravissimi. La grande maggioranza dei cittadini ha avuto stipendi e pensioni falcidiati dal prelievo fiscale e di conseguenza si è allargata la cosiddetta fascia di povertà. La sindrome della quarta settimana, l’impossibilità di affrontare le spese indispensabili senza ricorrere ai presti o ai precedenti risparmi, tocca oggi, oltre al ceto operaio, anche il ceto medio e medio-basso. Di qui sfiducia, la rinuncia ai consumi, mentre l’inflazione rialza la testa e sfiora il 3 per cento. Ci sarà da faticare per far rialzare il Paese, riprendere il cammino dello sviluppo e ridare agli italiani la serenità e la fiducia cui hanno diritto.

Pressione fiscale – Si calcola che nel 2008 gli italiani pagheranno di tasse 767 miliardi di euro, dei quali 750 allo Stato, 17 a Regioni, Province, Comuni. Questo significa che il 48% della ricchezza complessiva prodotta se ne andrà in imposte e contributi. È un livello record di imposizione fiscale, una scelta strategica che ha premiato le arretratezze ideologiche della sinistra radicale, ma ha aggravato le condizioni di vita di milioni e milioni di cittadini. Inutili sono stati i richiami di autorevoli istituzioni internazionali ad attenuare la spremitura fiscale per far respirare il Paese e secondare la ripresa che un anno fa s’era profilata.

Deficit e conti pubblici – Nonostante il gettito, il governo Prodi non ha sistemato i conti pubblici, come la propaganda del centrosinistra ha cercato di far credere. Nel 2007 il deficit si è attestato intorno al 2% del Pil, ma in quest’anno potrebbe raggiungere e superare il 2,6%. Il governo ha stimato il deficit nel 2,2 per cento, ma poiché si prevede un rallentamento della crescita del Pil, il disavanzo, secondo le stime di organismi internazionali (Commissione europea, Bce, Fmi) toccherà almeno il 2,6 per cento. E questo trend non rispetta gli impegni assunti con il Patto di stabilità europea: secondo il Patto, il deficit italiano sarebbe dovuto scendere di mezzo punto percentuale sia nel 2007 che nel 2008, ma quest’anno anziché diminuire aumenterà (dal 2% del 2007 al 2,6 o più di quest’anno).
Questa rischiosa situazione è stata determinata soprattutto dal fatto che l’extragettito derivante dalla pressione fiscale record non è stato utilizzato per ridurre il deficit, ma è andato a ingrossare la spesa pubblica che il governo Prodi ha incrementato per tentare di recuperare briciole di consenso e per secondare la sinistra e i sindacati.

Costo della vita – L’inflazione ha raggiunto ormai il 2,9%, ma gli italiani avvertono che il dato ufficiale non è attendibile: quella realmente “percepita” viaggia intorno al 6%.
Si pensi che pasta, pane e carne costano almeno il 10 per centro in più rispetto all’anno scorso. Ancora più consistenti i rincari dei carburanti. Gli aumenti sono determinati soltanto in parte dall’andamento dei mercati internazionali dei cereali, del petrolio e del gas, pesano anche i “ritocchi” tariffari, dai trasporti alla corrente elettrica, che non potevano non riflettersi sui prezzi. E pesa l’imposizione fiscale, dato che i carburanti sono gravati almeno per il 50% del prezzo da imposte. Per gettare fumo negli occhi, il governo Prodi ha varato un provvedimento che dovrebbe, in caso di aumenti, sterilizzare parte dell’Iva. Ma questa misura è pura e inutile demagogia, è assolutamente inapplicabile. L’Unione europea si finanzia chiedendo ai Paesi membri una percentuale dell’Iva da essi incassata, sicché gli esperti ritengono impossibile che Bruxelles approvi una misura che riduca il gettito dell’Iva.

Ripresa e sviluppo – Gli economisti seri sanno che nessun governo, quale che sia il suo colore, ha la bacchetta magica per determinare l’aumento del Pil. La congiuntura ha i suoi ritmi che tengono conto della realtà planetaria, sovrannazionale e tuttavia i governi, quando si avviano i cicli di crescita possono secondarli e favorirli, oppure possono frenarli.
Quando si è profilato un accenno di ripresa, un governo competente avrebbe dovuto secondarlo, tenendo ben presente che nel nostro Paese il prodotto interno lordo è determinato per il 75 per cento dai consumi interni. Ma l’esecutivo di Prodi ha gelato i consumi degli italiani.

I contratti di lavoro - Attualmente 10 milioni di lavoratori non hanno ancora ottenuto il rinnovo del contratto di lavoro, quindi non hanno ricevuto aumenti che compensino la perdita del potere d’acquisto. Milioni di famiglie, quindi, hanno cominciato a ridurre le spese, facendo mancare linfa all’economia italiana.
Su questi, e su tutti gli altri cittadini, si sono abbattute due autentiche mazzate: l’accresciuta pressione fiscale e l’aumento delle tariffe per beni e servizi. È evidente che i consumi ne abbiano risentito in maniera pesante. Soltanto il Professore, i suoi consiglieri e i suoi ministri non avevano previsto questo tristissimo risultato.

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