di Mario Cervi
Il fatto. Un funzionario dell’agenzia delle entrate, tale Renato Giardina, è arrestato a Milano mentre intasca una tangente di oltre centomila euro da uno studio legale. Deve rispondere, per la giustizia ordinaria, di tentata concussione. Ma deve anche essere punito, in sede disciplinare, dalla sua amministrazione. Senonché - traggo queste notizie da Il Sole-24 ore - il testo unico degli impiegati civili dello Stato ha disposto, giusto mezzo secolo fa, che i provvedimenti disciplinari contro un dipendente pubblico sottoposto a un’inchiesta giudiziaria rimangano fermi in attesa che la magistratura ordinaria si pronunci definitivamente. Il diritto.
Nell’attesa d’una conclusione dell’iter processuale il dipendente è solo sospeso - l’indulgente Stato non può cacciarlo a titolo cautelare, secondo la buona regola vigente nel privato - e nel frattempo incassa “assegni alimentari” equivalenti alla metà circa del suo stipendio. Se in cinque anni la vicenda non giunge a sentenza definitiva - eventualità che si verifica con scandalosa frequenza nella giustizia tartaruga della Repubblica italiana - il povero Fornaretto che era stato colto in flagrante mentre incassava tangenti, ma che ha il suo santo protettore nell’infausto Testo Unico, viene riammesso in servizio. Il rovescio. Stenterete a crederci, ma è proprio così.
I cittadini sono costretti a passare una regolare busta paga a furfanti che hanno disonorato se stessi e l’amministrazione, e che possono opporre la loro furberia remunerata alla dabbenaggine di quanti lavorano onestamente. Parlamenti irresponsabili e compiacenti sono stati larghi di concessioni per i dipendenti pubblici che non brillano per produttività, ma che sono milioni e votano. Cosicché i mariuoli di mano lesta o di conclamato assenteismo finiscono per rientrare nei ranghi, siano essi al servizio dell’agenzia delle entrate o di un ospedale di Perugia, e gli addetti ad una amministrazione che funziona male hanno avuto negli ultimi anni aumenti retributivi molto superiori a quelli di chi sta nel “privato”. Che funziona in generale bene, e se non funziona bene porta i libri in Tribunale. È grave che per ignavia o complicità politiche si sia arrivati a questa situazione. È gravissimo che di fronte ad anomalie cavillose che gridano vendetta al cielo, e che provocano l’indignazione degli onesti, i sindacati di categoria si mobilitino in favore di leggi e regolamenti incompatibili con la corretta gestione di qualsiasi ente, e invochino alti e nobili principi per legittimare l’arroccamento corporativo. Nientemeno che con un “comunicato unitario” Cgil-Cisl e Uil hanno denunciato “l’arroganza” di chi chiede “mano libera per azzerare alcuni diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti”. Ovviamente i sindacalisti aggiungono che “nessuno vuole difendere i corrotti”. Lo si voglia o no, risulta evidente il risultato di questi atteggiamenti: molti, troppi corrotti se la cavano senza subire le sanzioni che sarebbero state loro inflitte se anziché trovarsi nell’ambito d’uno Stato cieco, sordo e sciocco, si trovassero in una qualsiasi struttura privata. Ne hannogià tanti, i pubblici, di vantaggi, anche se non compiono alcunché di illegale. Ma venga almeno risparmiata, a noi cittadini e contribuenti, l’impunità dei mascalzoni.