È veramente singolare la pretesa del Partito democratico e del suo leader Walter Veltroni di rappresentare una "novità" nel panorama politico italiano. È comprensibile che il candidato premier tenti in tutti i modi di far dimenticare l’infelice esperienza del governo Prodi, ma c’è un dato storico incontrovertibile: nelle file del Pd si ritrovano molti dei ministri che, sotto la regia di Romano Prodi, hanno messo in ginocchio l’Italia. Politici consumati, altro che nuovi. Il Pd, proprio per la struttura del suo gruppo dirigente, rappresenta la continuità politica del governo dell’Unione, che è durato soltanto venti mesi e che però, in questo breve volger di tempo, è riuscito a fare danni incalcolabili.
Nessuno di questi ministri si è coperto di gloria, tutti hanno contribuito a immiserire l’Italia e a segnalarsi per polemiche interne, figuracce , giri di valzer e passi all’indietro.
Basta ripercorrere la cronaca dell’ultimo anno e mezzo per ricostruire gli atti per nulla memorabili di questi governanti allo sbaraglio.
Tommaso Padoa Schioppa - Arrivato al governo con l’allure dell’economista e del banchiere internazionale, Tps è stato subito inglobato dal sistema della politica politicante. Si è rivelato rigoroso a parole e cedevole nei fatti, incapace, quindi, di controllare la spesa pubblica. È stato fra gli ispiratori e i difensori della dissennata politica fiscale che ha stremato le famiglie e le imprese, soprattutto le aziende medio-piccole. Dell’esecuzione dell’insostenibile spremitura fiscale si è incaricato il vice ministro Vincenzo Visco, altro esponente del Pd. Tps ha tuonato per il rigore nella tenuta dei conti pubblici, ma nel confronto con la sinistra radicale nel governo ha perso le partite più importanti. Ha accettato che i "tesoretti" derivanti dall’extragettito fiscale fossero bruciati nella controriforma pensionistica (l’abolizione dello "scalone") e nel rinnovo del contratto degli statali. Gli impegni assunti con quest’ultimo accordo peseranno, in senso negativo, sul rapporto deficit-Pil di quest’anno.
Tps si è reso protagonista della memorabile gaffe sui "bamboccioni", espressione offensiva per tutti quei giovani che, proprio a causa della politica sciagurata del governo Prodi, non hanno la possibilità di lasciare la casa dei genitori e di mettere su famiglia a loro volta. Non basta: il ministro si è reso protagonista anche di una brutta pagina parlamentare attaccando l’ex comandante generale della Gdf, generale Speciale, colpevole di non volersi piegare ai diktat faziosi e illegittimi del viceministro Visco.
Massimo D’Alema - Il ministro degli esteri di Prodi è riuscito a immiserire l’immagine internazionale del nostro Paese, ravvivando tutti i pregiudizi sull’inaffidabilità italiana che per troppi decenni ci ha nuociuto e che la politica estera del governo Berlusconi era riuscita a cancellare. D’Alema ha annunciato in toni trionfalistici la missione italiana in Libano, ma il suo viaggio in Medio Oriente è stato un disastro. L’appoggio ostentato ad Hamas - in quella passeggiata le cui immagini hanno fatto il giro del mondo - ha allarmato e inquietato i tradizionali alleati occidentali dell’Italia e i dirigenti Israele. Le posizioni e gli atteggiamento assunti in quei giorni hanno trasmesso un messaggio di ambiguità, che ha fatto dubitare della reale volontà del governo dell’Unione di assumere una posizione ferma e conseguente contro il terrorismo jihadista.
Barbara Pollastrini e Rosy Bindi - Laica la prima, cattolica la seconda sono riuscite a creare confusione e allarme promuovendo un’iniziativa legislativa, quella dei Dico, molto insidiosa per la famiglia così come indicata nella Costituzione e nella civiltà Italiana. Un pasticcio, un guazzabuglio che secondo la sinistra radicale e certi iperlaicisti avrebbe dovuto preparare il riconoscimento delle unioni e, forse, delle nozze omosessuali. Non se n’è fatto nulla perché governo e maggioranza, paralizzati dai contrasti interni, hanno dovuto rinunciare. Con le due ministre, ad ogni modo, non hanno fatto un passo avanti né le Pari opportunità né le famiglie italiane. Queste, infatti, nonostante gli annunci demagogici della Bindi, sono state duramente colpite dalla politica fiscale ed economica del governo.
Luigi Bersani - È stato uno dei ministri più in vista nel settore delle promesse non mantenute. Avrebbe dovuto - così proclamava - dinamizzare e semplificare il sistema Italia con le sue "lenzuolate" di liberalizzazioni, ma in realtà ciò che è riuscito a fare è molto modesto. Per i tassisti ha fatto marcia indietro, per le professioni non s’è mossa foglia, l’unico risultato è stato quello di far diminuire le tariffe dei telefonini, risultato che si sarebbe potuto ottenere comunque.
Le liberalizzazioni sono risultate finte, un elenco di buone intenzioni abortite sul nascere. Resta intatto il sistema delle aziende di servizi regionali e municipali, intolleranti della concorrenza e, in molti casa, esempio di socialismo reale residuo.
Livia Turco - Sarà stata anche sfortunata, ma mentre reggeva le sorti del sistema sanitario italiano si sono registrati casi clamorosi di malasanità. Le inchieste disposte dalla ministra non hanno consentito di accertare alcunché. Livia Turco ha collezionato la sua quota parte di figuracce. Con una circolare aveva deciso di modificare la legge sulla droga raddoppiando la dose di cannabis che si può detenere senza incorrere in sanzioni penali (la cosiddetta modica quantità), ma è stata subito smentita. Oggi tutti lamentano l’ingerenza, da Nord a Sud, dei partiti nell’organizzazione della sanità: non dimentichiamo che appena insediatasi al ministero, la ministro ha tentato di sostituire un insigne oncologo con una studiosa politicamente più allineata. La manovra è stata sventata, ma l’indicazione sullo stile resta.
Vannino Chiti - Il ministro per i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti non è riuscito a fare nulla di rimarchevole nei venti mesi del suo incarico. Si è trovato in una situazione difficile, chiamato a mediare fra le diverse componenti di una maggioranza rissosa. La sua bozza per la riforma elettorale è durata lo spazio di un mattino. Quando c’è stata, nel gennaio scorso, la richiesta di informativa urgente sull’emergenza rifiuti a Napoli, è stato mandato alla Camera a rappresentare il governo e a dare le risposte che i cittadini si attendevano. Non è stata una grande prova, anche se certamente faticosa.
Romano Prodi - Su tutti questi ministri troneggiava - si fa per dire - Romano Prodi, che li ha blanditi e strigliati, guidati e subiti, sospettando di tutti e fidandosi di nessuno. Prodi traghetta nel Pd - diamine, è il presidente - l’esperienza e la continuità della sua deleteria azioni di sgoverno. I ministri, in fondo, erano tutti gli uomini del Professore.