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 MENO STIPENDIO PER TUTTI (GLI ONOREVOLI) Data: 17/02/2008
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
E' il titolo dell'editoriale di questa settimana di Maurizio Belpietro, direttore di Panorama. Noi aggiungeremmo alla proposta di Belpietro quella di ridurre gli stipendi per tutti i livelli politici, dai deputati agli assessori, cosicchè da impedire che la politica si trasformi in un mestiere. E aggiungeremmo ancora kla eliminazione di livelli amministrativi inutili e spesso doppioni tra loro. Per esempio le Provincie che costano dai 10 ai 12 miliardi di euro l'anno, tanto quanto una finanziaria, e risultano essere solo carrozzoni del tutto inutili visto che le poche incombenze cui assolvono possono essere tranquillamente espletate da altri e meno dispendiosi uffici periferici dello Stato. Se non si moralizza la politica attraverso la moralizzazione della sua funzione in ogni suo aspetto e articolazione, ha un bel gridare Veltroni ( e anche Berlusconi) ma la politica ( e l'Italia) difficilmente potranno rialzarsi.
ECCO L'EDITORIALE DI BELPIERO.

A leggere i commenti sull’avvio della campagna elettorale c’è da rimanere basiti. Illustri editorialisti manifestano tutto il loro sconcerto. Ma come? Il Cavaliere non fa scorrere il sangue? Non attacca a testa bassa i comunisti? Non minaccia sfracelli per la democrazia se vincono i sinistri? E poi che fa: non promette neppure un miracolino? Neanche una cosetta piccola piccola come meno tasse per tutti? Lo stupore per l’esordio pacato ha gettato nel più cupo sconforto opinionisti che per mesi avevano predicato il rispetto degli avversari e l’accantonamento dei toni forti. Dopo aver potuto criticare negli ultimi 15 anni Silvio Berlusconi per il suo modo impolitico e diretto di parlare, adesso i giornalisti si lamentano come bambini cui sia stato sottratto il giocattolo.
Certo, nessuno si aspettava una mutazione del genere. Molti erano convinti che il Cav. avrebbe sfoderato accenti trionfalistici, rafforzato dal disastro del centrosinistra, suicidatosi in soli 20 mesi di governo, e confortato dai sondaggi che gli pronosticano la vittoria. Ma Berlusconi in due anni di opposizione ha avuto modo di riflettere su ciò che non ha funzionato nel suo quinquennio a Palazzo Chigi e sa che nessuno - nemmeno lui - possiede la bacchetta magica per cambiare l’Italia. Il Paese è quel che è, con la sua burocrazia, con le sue rendite di posizione, i suoi potentati. Un uomo solo contro tutti rischia dunque di andare a sbattere e di farsi male. Cosa che al Cavaliere accadde nel 1994, quando la formidabile coalizione di poteri forti e il tintinnio di manette non gli fecero neppure toccare palla, rispedendolo ad Arcore nell’arco di pochi mesi. Berlusconi ci riprovò nel 2001, ma anche in quel caso incontrò mille resistenze. Il leader del centrodestra ha imparato la lezione e, a meno che non vi sia trascinato con la forza, non ha intenzione di andare al muro contro muro.
Questo vuol dire che il leader del Popolo della libertà rinuncia alla battaglia per cambiare l’Italia? Non credo. Penso semplicemente che abbia capito che le guerre si vincono aprendo un fronte per volta. Insomma, Berlusconi smette i panni del rivoluzionario per indossare quelli del riformista. Riuscirà nel suo intento? L’impresa non è facile, e non solo perché ognuno di noi gioca meglio in un ruolo e mal si adatta ad altri, ma anche perché al Cavaliere mancano le risorse, o, per dirla chiara, i soldi.
Le riforme vere sono accompagnate di solito da incentivi, da mezzi che mantengono il consenso. Ma di denaro per contentare un certo numero di italiani ne è rimasto poco. Scottato dall’esperienza del 2001, quando giunse a Palazzo Chigi scoprendo che le casse erano vuote, Berlusconi non si fida delle assicurazioni sui conti in ordine che gli lascia in eredità Prodi. E le anticipazioni del Sole 24 Ore su un buco di 7 miliardi di euro, accompagnate dalle frasi del ministro Tommaso Padoa-Schioppa, che esclude l’esistenza di qualsiasi «tesoretto», lo hanno reso ancor più guardingo.
Il Cav. dunque non promette miracoli. Invece, se io fossi in lui, un miracolino agli italiani lo annuncerei. Si tratta di un’opera che in fondo non gli costerebbe nulla, ma gli renderebbe immensamente: nel programma metta un bel disegno di legge che preveda la riduzione, oltre che del numero dei parlamentari, anche del loro stipendio e dei loro benefit. Chiunque voglia essere candidato dovrà sottoscrivere il ddl e rilasciare una garanzia che, in caso di cambio d’opinione o di casacca, verserà l’intero importo dello stipendio al gruppo nelle cui file è stato eletto. Vedrete: oltre a un piccolo risparmio sul bilancio parlamentare, sarà assicurata la stabilità dell’esecutivo. E sono certo che questo sarebbe il miracolo che il Paese apprezzerebbe di più.

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