Prodi lascia un’economia disastrata…
Romano Prodi entra nella campagna elettorale per difendere i conti pubblici. In realtà, dice nero su bianco (in un lungo articolo su La Stampa di risposta alle osservazioni di Luca Ricolfi) che il deficit del 2007 sarà “con grande probabilità” sotto il 2%; mentre quello del 2008 sarà “solidamente” sotto il 3%.
Nella sostanza, il presidente del Consiglio annuncia un peggioramento della finanza pubblica.
Quella di Prodi è una prova di onestà intellettuale: forse la prima del Prof.. E’ assai probabile che il 1° marzo prossimo, quando Eurostat comunicherà il livello di deficit del 2007, scopriremo che il disavanzo dello scorso anno sarà sotto il 2%: al momento viaggia nell’ordine dell’1,8%, ma è probabile che gli emendamenti sui crediti d’imposta al Sud (introdotti nel decreto mille proroghe), retroattivi al 2007, finiranno per portarlo al 2%.
I problemi vengono per il bilancio in corso. La legge finanziaria indica per quest’anno un deficit al 2,2%. Ma non tiene conto di 7-8 miliardi di spese più o meno obbligatorie (a partire dal rinnovo dei contratti pubblici), che finiranno per pesare sui conti per uno 0,4-0,5% di pil. E siamo al 2,6-2,7% di deficit.
Non è finita. Ad un disavanzo del 2008 al 2,2% ci si arrivava grazie ad una crescita economica interna dell’1,5%. E’ assai probabile, però, che quest’anno l’economia si sviluppi per lo 0,7-0,8%. Un dimezzamento della velocità di crescita del pil pesa sui conti dello Stato per un altro 0,4%; soprattutto a causa del minor gettito fiscale.
Nella sostanza, siamo già al 3% di deficit: tetto massimo previsto dai Trattati europei. Ed è per queste ragioni che – per la prima volta – Prodi inizia a parlarne.
Avere un disavanzo al 3% infrange due principi fondamentali del Patto di Stabilità europeo. Non a caso, gli uomini di Padoa Schioppa si sono sentiti annunciare all’ultimo Ecofin il rischio per l’Italia di inciampare nuovamente in un early warning: un avvertimento preventivo prima dell’avvio della procedura di deficit eccessivo. “A maggio uscite dalla procedura iniziata nel 2005 – hanno detto loro gli emissari della Banca centrale europea – a giugno ci rientrate”.
Il primo principio infranto da Prodi e Padoa Schioppa consiste nel livello di deficit che verrà raggiunto nel 2008 (da qui l’early warning). Il secondo nel principio violato del Patto di Stabilità è che il deficit strutturale dev’essere ridotto dello 0,5% all’anno, così da puntare al pareggio di bilancio nel 2010. Fra il 2007 ed il 2008 l’Italia di Prodi non solo non ha ridotto il deficit dello 0,5%; ma rischia di aumentarlo dell’1%.
Nell’articolo a La Stampa, Prodi commette poi un’involontaria gaffe in materia fiscale. Con un pizzico di superbia intellettuale, il presidente del Consiglio si addentra in un complicato principio tributario: l’elasticità delle entrate al pil. Si tratta del calcolo di come varia il gettito in funzione della crescita. Prodi scrive che fra il 2001 al 2005 l’elasticità è stata dello 0,75%; nel 2006 è cresciuta al 2,7%; nel 2007 è stata dell’1,6%%.
Con un particolare. I buoni risultati legati all’elasticità delle entrate al pil nel 2006 (che Prodi attribuisce alla sua lotta all’evasione ed all’andamento della crescita) sono frutto dell’ultima legge finanziaria di Berlusconi e Tremonti. Ed i risultati del governo Prodi sono riconducibili al dato dell’elasticità che scende: dal 2,7 all’1,6%.
In sostanza quel che il Professore ha anticipato con l’articolo è che i conti pubblici sono lontani dal risanamento annunciato nei suoi 20 mesi. E questo mancato risanamento sarà una “polpetta avvelenata” che il suo governo lascia in eredità al Paese ed a qualunque coalizione vincerà le prossime elezioni.