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 ECCO I MISFATTI DI PRODI IN MATERIA DI SICUREZZA Data: 19/02/2008
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Compito fondamentale di ogni Stato che voglia essere civile è quello di garantire la sicurezza dei cittadini, di proteggerne la vita e i beni, di assicurarne l’ordinato godimento delle libertà. Il problema si pone da tempo in tutte le democrazie occidentali nell’era post-industriale e proprio per questo il centrodestra, nella campagna elettorale del 2001, aveva posto la questione sicurezza fra le priorità del suo programma. E non si è limitato all’enunciazione e alla propaganda.
Il governo Berlusconi ha varato e realizzato un piano preciso e articolato per contrastare e ridurre i fenomeni criminali. Innanzitutto, ha potenziato le forze dell’ordine adeguandone i mezzi agli impegni e riconoscendo agli uomini e alle donne delle forze di polizia la giusta retribuzione per il loro rischioso compito. Si è realizzato in concreto un più efficace coordinamento fra i diversi corpi e c’è stato un impegno preciso per fare avvertire una maggiore presenza sul territorio degli uomini della legge. In questo contesto è stata avviata la positiva esperienza del “poliziotto di quartiere”, che ha sviluppato le possibilità di prevenzione.
Nel contempo, con la Bossi-Fini si è cercato di contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, coniugando rigore per gli irregolari e solidarietà per gli immigrati realmente desiderosi di lavorare rispettando le nostre leggi.
I risultati di questo sforzo sono stati rilevanti, con un calo significativo dei reati.

Lavoro interrotto – Nel 2006, con l’arrivo al potere di Romano Prodi e della sua sgangherata coalizione, lo sforzo di garantire agli italiani una maggiore sicurezza è stato vanificato. Per eredità ideologiche vetero-comuniste, arrivate nelle stanze del Palazzo con la sinistra radicale e movimentista, per l’insensibilità di certi cattolici di sinistra su questo specifico tema, le forze dell’ordine sono state mortificate e depotenziate.
Con la finanziaria 2007 si è imposta un’assurda politica della lesina: si sono ridotti gli organici di polizia e carabinieri, non si sono rinnovati mezzi e dotazioni, si sono stretti i cordoni della borsa perfino per l’acquisto della benzina e dei pezzi di ricambio, con la conseguenza che in molte città si è dimezzato il numero delle “volanti” per i servizi di pronto intervento. E ai servitori dello Stato che rischiano la vita – e talvolta la perdono - per proteggerci sono stati concessi ridicoli e umilianti adeguamenti retributivi. Tutto questo è avvenuto mentre si sperperavano i “tesoretti” a favore di categorie sindacalmente protette e ritenute – come il pubblico impiego – più vicine all’Unione. Lo stesso ministro dell’Interno, Giuliano Amato, in un’audizione alla Camera ha denunciato le difficoltà delle forze di polizia per la drastica riduzione di uomini e fondi, ma il governo non ha corretto la sua politica dissennata e la finanziaria 2008 non ha reso giustizia né ai cittadini né ai tutori dell’ordine.
Porte aperte – Il governo del Professore, nel contempo, ha aggravato i guasti provocati dall’immigrazione clandestina richiamando, con la politica delle “porte aperte” fatta di sanatorie e di promesse, nuovi flussi di disperati e di malintenzionati. Oggi lo spaccio della droga e lo sfruttamento della prostituzione in molte zone del Paese sono gestite da mafie importate, dai Balcani, dall’Est europeo, dall’Africa. L’applicazione della Bossi-Fini di fatto è rallentata i vanificata, anche con l’appoggio di frange della magistratura politicizzate o ideologicamente orientate.

Il ruggito del coniglio – Alla fine della scorsa estate, funestata da un’impressionante serie di delitti e rapine, la domanda di sicurezza da parte dei cittadini si è avvertita più forte e decisa. Anche sindaci del centrosinistra hanno lanciato gridi di dolore denunciando la condizione di degrado civile in cui versavano le loro città e chiedendo più poteri per poter collaborare meglio con le forze dell’ordine. Alla fine, il governo non ha potuto far finta di niente e all’inizio dell’autunno lo stesso Amato annunciò una serie di provvidenti che avrebbero reso più efficace e severa la repressione dei crimini di maggiore allarme sociale, oltre a rendere certa la pena. Vane promesse. L’azione frenante esercitata dalla sinistra radicale – sempre allergica al binomio “legge e ordine” – costrinse il governo ad emettere il ruggito del coniglio: i provvedimenti promessi furono trasfusi non in decreti, che avrebbero avuto immediata esecuzione, ma in disegni di legge, affidati ai rischi di un’ardua navigazione parlamentare.
Ma le figuracce non erano finite. Alla fine di ottobre, Roma e il Paese tutto furono turbati dalla barbara uccisione, a Tor di Quinto, di Giovanna Reggiani; il delitto è stato commesso da un “rom” di cittadinanza rumena che vive in una “favela” della capitale veltroniana. L’emozione fu tale che il governo decise di trasformare in decreto il disegno di legge che prevedeva l’espulsione degli immigrati comunitari (come i romeni) qualora fossero stati ritenuti pericolosi per la pubblica sicurezza. Il decreto fu subito sabotato dalla sinistra radicale, poi fu pasticciato, vanificato, riscritto, ritirato. Una pagina nera, prova sicura della mancanza di una cultura di governo nella sinistra, oltre che di chiara incompetenza legislativa.

Riprendere il filo – La politica della sicurezza dovrà essere ripresa e realizzata facendo esattamente l’opposto di ciò che ha fatto il governo Prodi. Questo compitò potrà essere svolto soltanto dal centrodestra, da Popolo della libertà. Quali che siano le promesse del Pd, nelle file del partito di Prodi e Veltroni ci sono dirigenti che hanno secondato le posizioni lassiste della sinistra radicale, a cominciare dal presidente del Consiglio dimissionario. C’è tutta una tradizione culturale che non ha ancora metabolizzato le questioni della sicurezza. E anche per questo saranno severamente giudicati dagli elettori.

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