Walter Veltroni alza il tappeto e ci nasconde sotto tutta la sporcizia della sinistra. La sua casa appare linda e splendente, ma non è così: la scelta di Visco, di non candidarsi, imposta per motivi di inopportunità, di impresentabilità vorrebbe far scordare agli italiani i danni del governo Prodi. Ma la verità è un’altra.
Visco lascia in eredità al Partito Democratico due suoi pupilli, a dimostrazione che la riduzione delle tasse promessa dal candidato leader del Pd è solo uno specchietto per le allodole.
E, badate, arrivano in Parlamento non sprovveduti, non soggetti qualsiasi, ma due allievi che hanno avuto un ruolo di primo piano nella redazione del programma fiscale del viceministro dell’Economia uscente. Sono i padrini del tassa, tassa e spendi. Il Pd infatti schiererà Stefano Fassina, direttore del Nens, il centrostudi fondato da Visco, del quale è consigliere economico.
È lui l’uomo che ha impostato la riforma fiscale, che vuole la progressività dell’imposizione e la tassazione delle rendite finanziarie, oltre a giudicare “iniqua” l’idea di smantellare l’Ici.
Con Fassina scenderà in campo anche Claudio De Vincenti, da anni consulente di Visco, che sta scrivendo un libro bianco sull’Irpef.
Gli italiani possono stare certi: se non aumenteranno, con Veltroni le tasse non verranno mai ridotte.