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 L’IPOTECA GIUSTIZIALISTA SUL PD Data: 25/02/2008
Appertiene alla sezione: [ Il commento del giorno ]
Da Il Corriere della Sera, un articolo a firma Angelo Panebianco

Dopo l’iniziale sconcerto di alcuni e qualche protesta, è calato il silenzio sulla scelta di Walter Veltroni di allearsi con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro (che mantiene il proprio simbolo a differenza dei radicali), facendo così un’eccezione rispetto alla regola dello «andare da soli». Eppure quella decisione può essere foriera di rilevanti conseguenze sui rapporti fra la futura maggioranza (quale che essa sia) e la futura opposizione.
Da quel che si è capito, la mossa di Veltroni è giustificata dalla volontà di «coprirsi» rispetto agli umori antipolitici che circolano nell’opinione pubblica. Non pare però che ci sia stata una attenta riflessione sui prezzi politici da pagare.
Da molti, e giustamente, è stata apprezzata, del segretario del Pd, la volontà, più volte affermata, di farla finita con l’eterna guerra civile italiana, di scegliere una competizione con il centrodestra non più fondata sulla demonizzazione dell’avversario. Quel nuovo stile e il nuovo clima politico che ha contribuito a suscitare hanno anche reso possibile ai leader dei due schieramenti (Veltroni e Berlusconi) di parlarsi fra loro con linguaggi nuovi. E fanno ben sperare, in linea di principio, anche per le future relazioni fra maggioranza e opposizione.
Ma l’alleanza del Partito democratico con l’Italia dei Valori mette a rischio tutto ciò. Di Pietro rappresenta l’antipolitica nella variante giudiziario-giustizialista. I suoi elettori tutto possono volere meno che la fine della guerra civile italiana. D’altra parte, nemmeno era ancora stato siglato l’accordo che già Di Pietro chiariva a tutti il senso della sua presenza politica proponendo, in pratica, l’esproprio proletario di alcune reti televisive. Come si concilieranno, nel prossimo Parlamento, lo stile nuovo e quella presenza?
Ma c’è di più. Non ci sarà mai nessuna possibilità di chiudere l’eterna transizione italiana se non interverrà un accordo bipartisan sulla giustizia. Ma Veltroni si è messo in casa una forza che lavorerà strenuamente (e giustamente, dal suo punto di vista, essendo quello il mandato che avrà ricevuto dagli elettori) perché un accordo del genere non possa essere siglato. Sarà difficile rimettere ordine, in modo consensuale, nel sistema giudiziario italiano. E continueranno le solite invasioni di campo (l’ultima in ordine di tempo, con il caso Mastella, ha dato il colpo di grazia al governo Prodi). L’Italia dei Valori, una piccola formazione che, in queste faccende, è in grado di trovare il sostegno esterno di un vasto esercito giustizialista, sarà lì, vigile, pronta a mettere veti.
Prendiamo il caso delle intercettazioni che sono non solo una delle armi più avvelenate della politica italiana ma anche una spia evidente degli sviluppi patologici del nostro sistema giudiziario.

Riportare la giustizia alla normalità significa anche mettere regole e paletti, e cioè limiti, all’uso che i magistrati possono fare di uno strumento così delicato, che comporta l’intrusione nella sfera privata dei cittadini. Significa mettere la parola fine alle inchieste-mostro fondate sulle intercettazioni selvagge, «di massa» (intercetto mezzo mondo: alla fine qualcosa salterà pur fuori). Ne abbiamo viste fin troppe di inchieste del genere: grande fracasso, tante reputazioni fatte a pezzi, e poi, quasi sempre, una volta giunti in tribunale, tutto finisce in niente. Non è solo una questione di uso politico-mediatico delle intercettazioni. È, prima ancora, una questione di rispetto delle libertà individuali. Ed è un problema di responsabilizzazione che sempre deve accompagnare e limitare il (grande) potere di chi fa inchieste giudiziarie.
Per dimostrare di non essere condizionato dai giustizialisti alla Di Pietro, Veltroni ha dichiarato di voler limitare l’uso mediatico delle intercettazioni. Lodevole proposito. Peccato che ad esso si sia accompagnata, forse involontariamente, l’affermazione, di sapore un po’ giustizialista, secondo cui i magistrati, a patto che ciò non finisca sui giornali, possono utilizzare le intercettazioni come, dove e quando vogliono. Ma ciò non è consentito ai magistrati senza che vi siano dei limiti nei regimi politici che rispettano davvero i diritti individuali di libertà.
È difficile credere che l’alleanza del Partito democratico con Di Pietro non finirà per incidere negativamente sulla futura politica di quel partito.

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