La verità sull’aumento del costo della vita, sul grande gelo dei consumi e sulla fatica che tantissimi italiani fanno per arrivare a fine mese emerge ormai nitida ed allarmante. Gli sforzi propagandistici del governo che si vantava di avere rimesso in carreggiata il Paese s’infrangono contro la realtà dei conti e delle cifre.
L’inflazione in Italia ha ripreso a correre più che negli altri Paesi d’Europa. Secondo l’Istat ai primi di quest’anno, il costo della vita è salito – sulla base dei rilevamenti effettuati con il tradizionale “paniere” – al 2,9 per cento. La cifra è sembrata agli italiani inferiore di molto alla realtà e infatti, pochi giorni fa, sempre l’Istat ha diffuso il dato rilevato sulla base di un “paniere” di articoli “ad alta frequenza di acquisto”, legati alla spesa quotidiana: l’inflazione è risultata del 4,8 per cento.
L’Istituto di ricerca Eurispes supera anche questo dato e afferma che la corsa dei prezzi ha subìto un’accelerazione dell’8 per cento.
Le associazioni dei consumatori ritengono che solo gli aumenti dei generi di prima necessità comporteranno per ogni famiglia una stangata di mille euro in questo anno.
E’ interessante vedere nel dettaglio l’andamento dei prezzi.
Secondo l’Istat nel gennaio scorso i generi alimentari hanno fatto registrare un’impennata del 4,4 % complessivo, così composto: pane + 12,3; pasta + 10; latte + 8,7; pollame + 6,7; uova + 6; frutta fresca + 5; carne bovina + 3,9; benzina + 12,4; altri combustibili + 14,5.
L’Eurispes ha rilevato che la corsa dei prezzi è diventata veloce e preoccupante nel 2007. Il rincaro dei beni di prima necessità e dei prodotti energetici è stata spiegata in parte con le variazioni dei mercati dei cereali e del greggio, ma queste tensioni internazionali hanno avuto in altri Paesi d’Europa un impatto meno duro. Nel nostro Paese ha avuto un peso rilevante la politica economica del governo Prodi. L’aumento di imposte e balzelli di ogni genere, nazionali e locali, oltre a impoverire le famiglie, ha agito come un moltiplicatore di costi per le imprese, soprattutto per quelle piccole e medie che operano nella distribuzione. Aziende in affanno sono state costrette a trasferire, parzialmente, sui prezzi difficoltà e maggiori oneri. Non è stata una scelta di speculazione, ma una necessità: tutti i produttori e i distributori sanno che la minore propensione al consumo dimostrata dalle famiglie italiane si sarebbe potuta attenuare con una politica di prezzi leggeri. Ma la pressione-oppressione fiscale è andata al di là di quel che avrebbe potuto reggere il Paese.
Il governo Prodi ha aggravato la situazione perché non ha attuato quelle liberalizzazioni e quelle riforme economiche che avrebbero dovuto introdurre nel mercato i vantaggi derivanti dalla vera concorrenza. Inoltre, sono mancate misure di sostegno all’agricoltura, si sono bloccate le infrastrutture, si è interrotta, insomma, la modernizzazione che avrebbe consentito di attenuare le spinte inflazionistiche generatesi all’esterno del Paese. Per questo l’inflazione galoppante è l’ultimo regalo avvelenato di Romano Prodi e della sua ingloriosa compagnia.