Nel bene come nel male, l’Italia è uno dei paesi più industrializzati del mondo, ed è integrata nel sistema economico internazionale. Ne consegue che quelle avvisaglie di rallentamento economico già percepito (crescita di quest’anno allo 0,7% ed inflazione sui generi di largo consumo al 4,8%) presto si trasformeranno in possibile recessione vera e propria.
Una situazione del genere era facilmente prevedibile già a settembre scorso; e solo una certa ignavia politica ha preferito non vedere quel che stava avvenendo nell’economia, dopo l’esplosione del buco dei mutui sub-prime americani. All’indomani della scoperta della crisi sui mutui, Giulio Tremonti non esitò a definire il quadro futuro come una crisi paragonabile a quella del 1929. A distanza di sei mesi, le previsioni dell’ex ministro dell’Economia sembrano avverarsi.
Se questa era la situazione ipotizzabile, le scelte del governo Prodi sono state conseguenti? Un governo, seppure di un Paese G-8, non può - da solo - evitare che la crisi contagi l’intera economia globale. Di certo, può mettere in campo interventi destinati esclusivamente ad attutire gli effetti della crisi.
Prodi e Padoa Schioppa si sono mossi in direzione diametralmente opposta. Con il risultato che oggi l’economia italiana è ancora più debole per fronteggiare l’ondata della crisi.
In primo luogo, il governo non ha difeso il potere d’acquisto dei cittadini anzi, ha contribuito ad eroderlo ulteriormente. Il potere d’acquisto viene aggredito da due fenomeni: prezzi e tariffe, che solo in parte dipendendo da scelte del governo; tasse, che dipendono esclusivamente dal governo. Sui prezzi internazionali il governo non può intervenire, ma sulle tariffe, soprattutto quelle praticate da aziende pubbliche, sì. Prodi ha dato mano libera alle aziende municipalizzate ed a quelle a partecipazione statale (Poste e Ferrovie) ad aumentare i servizi.
Non solo. L’intera politica economica di Prodi e Padoa Schioppa nei confronti dei conti pubblici è stata finalizzata ad un aumento della pressione tributaria. Al punto che quando il gettito tributario è stato superiore alle previsioni, anziché restituirlo ai contribuenti, lo ha utilizzato per finanziare nuova spesa. Con il risultato di fare un doppio danno: l’alta pressione fiscale ha eroso il potere d’acquisto ed ora che il ciclo sta peggiorando (con la conseguenza di minori entrate) il deficit ne risentirà negativamente.
E tutto per non intervenire sul contenimento strutturale della spesa. Al contrario, cancellando una riforma del governo Berlusconi, quella sulle pensioni di Tremonti-Maroni.
Per queste ragioni, l’Italia subirà maggiormente l’impatto negativo della crisi economica. Perché, quando era il momento, il governo non ha fatto fascine per l’inverno.