Walter Veltroni non è solo un candidato: è un libro di storia. Ogni giorno, se ne sfoglia una pagina, per rileggere, ridiscutere, capire. L'unica storia che non riscrive, ovviamente, è la sua, visto che sembra sempre sbucato dal nulla, mondo di ogni peccato, estraneo ad ogni vicenda politica italiana. Ma sugli altri, e sulle vicende che non lo riguardano, è attentissimo, puntuale, puntiglioso. Un vero storico, insomma.
Ieri, lo studioso Veltroni, ha riaperto il capitolo G8 di Genova e delle violenze che lo hanno contraddistinto. Quelle dei black bloc, delle migliaia di ultrà scatenati che per due giorni hanno messo a ferro e fuoco una città? Quelle degli estremisti che hanno terrorizzato, devastato strade, negozi, banche? Quelle dei violenti che per ore hanno attaccato la polizia in una vera e propria guerra organizzata? No, niente di tutto questo. Gli episodi appena descritti fanno parte evidentemente di quella normale dialettica democratica a cui sono cresciuti i giovani Veltroni quando, non ancora folgorati sulla via del riformismo, erano dei semplici comunisti. Quindi, di quelle inusitate violenze, neppure un accenno. Gli abusi di cui ha parlato Veltroni e sui quali il candidato premier del Pd “esige che sia fatta chiarezza e giustizia”, sono quelli compiuti dalla polizia nella caserma di Bolzaneto, nel corso di arresti e interrogatori in cui certamente il segno della legalità in qualche caso è stato passato. Come nell'irruzione notturna alla scuola Diaz. Intendiamoci. Uno Stato serio come dovrebbe essere il nostro, e una patria del diritto come è stata la nostra, è giusto che non tollerino alcuna violenza, soprattutto se perpetrata da servitori dello Stato medesimo. Da gente, cioè, chiamata a difendere la legalità e non a violarla. Quindi, se in quelle circostanze qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi. Ma è mai possibile, chiediamo al “candidato venuto dal nulla”, che di tutto quanto accaduto in quei giorni a Genova, siano da accertare solo le responsabilità di chi ha ecceduto tra gli uomini in divisa e le colpe politiche di chi non avrebbe vigilato o addirittura sarebbe stato complice? Come se il ministro Scajola avesse assistito agli interrogatori e il Presidente Berlusconi avesse di persona dato quattro schiaffoni a un autonomo? Roba da non credere!
E infatti, è subito sbucato Fausto Bertinotti, in questo caso in perfetta sintonia con Veltroni, a chiedere per l'ennesima volta una commissione di inchiesta sul G8 di Genova. Non sui suoi amici e deputati ultrà, come Caruso, in prima fila in quei giorni a sfasciare una città e le teste dei poliziotti. No, su quei poliziotti, forse un pugno, che si sono fatti prendere la mano. Insomma, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E anche Veltroni, l'uomo che non ha passato e probabilmente neppure futuro, mostra ad ogni occasione il suo Dna. Che con gran fatica cerca di nascondere, ma che con grandissima evidenza torna sempre fuori. Ma il dubbio più grosso, anzi una certezza visto il titolo di apertura dell’Unità di oggi, e che Veltroni abbia tirato in ballo all’improvviso è immotivatamente la storia delle violenze a Bolzaneto solo per vendicarsi di chi ha tirato fuori la vergognosa storia della sua baby pensione di 5,216 euro.
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