Un gruppo di monaci tibetani ha manifestato davanti ai giornalisti stranieri portati dal ministero degli esteri cinese in visita a Lhasa. Lo ha detto all'Ansa uno dei partecipanti al viaggio, secondo il quale i monaci hanno strillato «libertà, libertà». In precedenza l' agenzia Nuova Cina aveva scritto che la visita dei giornalisti stranieri era stata «interrotta da un gruppo di monaci al tempio di Jokhang» ma che era «ripresa» poco dopo. Le censura cinese ha interrotto una trasmissione della rete televisiva Bbc, mentre venivano mostrate alcune immagini di Lhasa girate nel corso del viaggio da un cameraman dell' agenzia Aptn. L' unico giornalista europeo che è stato inviato a partecipare alla visita è uno dei corrispondenti da Pechino del quotidiano britannico Financial Times.
I monaci hanno detto ai giornalisti di essere prigionieri nel tempio dal 10 marzo, inizio del nuovo ciclo di proteste da parte tibetani. I principali monasteri di Lhasa, dai quali sono partite le proteste, sono stati circondati dalla polizia armata tra il 10 e l' 11 marzo. Da allora le autorità cinesi non hanno risposto alle domande sulla situazione nei templi, in particolare quelli di Drepung, Sera e Ganden, dove si sono svolte le manifestazioni più massicce, preferendo concentrarsi sulle violenze del 14 marzo, quando giovani tibetani hanno attaccato immigrati cinesi uccidendone, secondo il governo, diciotto. Esuli tibetani hanno in seguito affermato più volte che il blocco dei monasteri proseguiva e che si erano verificate difficoltà per i rifornimenti di cibo ai monaci. Alcune fonti hanno affermato che un monaco è addirittura morto di fame nel monastero di Ramoche, a Lhasa.