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 Elenco semiserio delle frasi che piacciono ai "pezzi grossi" Data: 31/03/2008
Appertiene alla sezione: [ curiosita' ]
Ci sono diverse tipologie di insincerità. C'è quella privata («Io ho un'amante??? Ma sei pazza?»), quella pubblica (le varie promesse elettorali dei politici di ogni angolo del globo) e quella "lavorativa". Quest'ultima categoria, sociologicamente rilevante, viene analizzata da Lucy Kellaway, editorialista del Financial Times, con un articolo puntuto e impietoso. Sono sette le categorie di «rot», cioè stupidaggini, amate dai pezzi grossi. Alcune lasciano sul campo morti e feriti, altre hanno il solo scopo di rendere più dolce la pillola e in fondo possono anche far piacere. Ma la costante è una: si tratta di frasi dette in momenti più o meno imbarazzanti da un superiore a un inferiore. E di sicuro in quei momenti nessuno pagherebbe per essere nei panni del povero dipendente.
- Kellaway fa un esempio lampante. I manager della banca americana Bear Stearns annunciano che la società non sta affatto attraversando una crisi di liquidità. Poco dopo JPMorgan annuncia l'intenzione di salvare l'istituto di credito dalla catastrofe assicurata. Una bugia, chiaro, ma che aveva l'obiettivo di non gettare nel panico i risparmiatori e il mercato. La giornalista del Ft è dunque partita alla carica, cercando nelle migliaia di esempi di frasi che vogliono dire l'esatto contrario del loro significato letterale. E dividendole appunto in sette categorie.

La prima è quella delle stupidaggini "utili", che tornano particolarmente utili quando si tratta di cacciare qualcuno dal suo posto di lavoro. «Con grande rammarico annunciamo che il tale lascerà la nostra società, di comune accordo, entro aprile. È stato un collega eccezionale e ha dato un grande contributo alla vita dell'azienda. Sono sicuro che vi unirete a me nell'augurargli la migliore fortuna...». Kellaway è impietosa: "rammarico" significa sollievo, "di comune accordo" significa che il tale è stato brutalmente licenziato ma né lui né l'azienda dirà una parola su questo stendendo il famoso "velo pietoso", "sono sicuro che vi unirete a me" significa "non so cosa stiate pensando (e non mi interessa) ma qui comando io e quindi ve lo dico io qual è la vostra posizione su questa faccenda". Si tratta di una serie spropositata di scempiaggini, ma che hanno il solo scopo di rendere meno brutale l'addio. Quindi, vanno perdonate.

La seconda categoria è quella delle bugie che nascono dalla "politeness", ovvero la gentilezza o - in certi casi - la formalità. "Lo terrò a mente" vuol dire senza il minimo dubbio "ho la ferma intenzione di ignorare completamente tutto ciò che hai detto". La fatidica domanda "Che tipo di ragionamento c'è dietro la tua idea?" corrisponde esattamente a "eri drogato quando hai partorito una tale idiozia?". Ci sono poi una serie di frasi buone per tutte le stagioni: "Capisco quello che dici" (non sono per niente d'accordo), "mi mancherà il piacere di lavorare con persone così geniali" (non vedo l'ora di uscirne). Kellaway sottolinea acutamente che le "polite rot" vanno benissimo per i propri connazionali, ma gli stranieri potrebbero avere qualche problema a coglierne il vero significato.

Terza categoria, le bugie "false e cortesi": stanno a metà strada tra le frasi gentili e le litigate. Una lettera che si conclude con "le auguriamo i migliori successi nella sua futura carriera" non può che significare "guardati bene dall'insozzare di nuovo il pavimento del nostro ingresso". Quarto gruppo, le bugie che creano false aspettative, come "ti darò una risposta su questo" (voglio dimenticarmene quanto prima), "dirò poche parole" (parlerò almeno un'ora), "non farò un discorso" (farò un discorso, ma non l'ho preparato).

FUORVIANTI - Passiamo poi a quelle più cattive. Quinta categoria, le stupidaggini fuorvianti. Tipici in questo senso gli annunci delle società. "il 2008 sarà un anno di consolidamento" (i risultati saranno di sicuro peggiori di quelli del 2007). Premessa: chi ne capisce di finanza e lavora nel settore riesce a cogliere il messaggio tra le righe. O almeno si spera. Scendiamo ancora nei gironi infernali, con le bugie ciniche: "è molto importante per noi che lei ci abbia contattati...", "il cliente ha sempre ragione...", "siamo spiacenti per qualunque inconveniente possiamo averle causato". Tutte frasi il cui suono fa bene (al marketing delle aziende, non certo alle orecchie di chi le ascolta che rischia di sentirsi un po' preso per i fondelli).

Ultima categoria: la peggiore. Le frasi che, nella loro stupidità, hanno però il potere di creare una montagna di problemi nell'immediato futuro. "Facciamo un pranzo insieme i prossimi giorni" si dice con nonchalance: ma quando l'interlocutore comincia a scorrere l'agenda per trovare il giorno giusto che si fa? Se si dice che il lavoro di un dipendente è "soddisfacente" e lo stesso viene poi licenziato, come si fa a spiegare al giudice cui ha presentato causa contro l'azienda che "soddisfacente" significa "insoddisfacente"? Una china pericolosa, che il vero "pezzo grosso", con una buona dose di pelo sullo stomaco, non dovrebbe mai intraprendere. Molto meglio, e più saggio, fermarsi alle stupidaggini cortesi, false, ciniche. Ma con le quali si è sicuri di liquidare per sempre l'avversario. Ricordate: chi di stupidaggini ferisce...

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