Di Filippo Facci
Non parlateci mai più di fair play, di understatement, di altre sostanziali balle a descrizione di un Veltroni low profil che usa neppure menzionare Berlusconi: e questo non tanto, in questi giorni, per le sediate scagliate contro Giuliano Ferrara, non tanto per il solito Antonio Di Pietro che ieri spiegava, sul suo blog, che «in caso di vittoria del centrosinistra, come primo punto, l’Italia dei Valori porrà nella sua agenda il nodo incestuoso di Rete4». Il problema è proprio un Veltroni che scaglia il sasso e nasconde la mano, un sasso che si chiama Unità, si chiama Furio Colombo, ha il titolo dell’incredibile inserto di otto pagine pubblicato ieri dal quotidiano: «Se torna lui: ecco l’Italia da incubo che ci aspetta». Qualcosa che non basterebbe un altro inserto di otto pagine per descrivere: ma ci dobbiamo un minimo provare, perché non possono venirci a spiegare che trattasi solo di un fisiologico surriscaldamento a pochi giorni dal voto.
Questa volta no.
E scusate se cominciamo con Furio Colombo, perché anche qui: lo sappiamo che è un problema delicato, che crea imbarazzi, che la dirigenza del Partito e la direzione del giornale lo sopportano come una vecchia zia che pretende di sbraitare sorseggiando un the da porcellane di Limoges. Però non l’hanno imboscato: gli hanno dato l’editoriale, dunque la linea dell’Unità è quella cosa lì, quelle sette colonne di lunghezza scalfariana con tanto di asterischi ed enfasi da Apocalisse di Geremia. Ma cominciamo con le cose più tenui, tipo questa: «Berlusconi ha violato tutte le regole possibili, scritte e non scritte». E questa: «Berlusconi ha inventato un guerra in Iraq che non esisteva, con regole di ingaggio che sono costate la vita a soldati italiani privi di protezione». Oppure questa: «Adesso pensa al Quirinale e l’incubo “ritorno di Berlusconi” diventa una minaccia istituzionale. Stiamo parlando di un personaggio che, anche a causa del vasto potere personale che gli conferisce la ricchezza e il completo dominio sulla comunicazione italiana, è interessato al fatto ma non al diritto. Le reti unificate sono il suo vero progetto. Riesce, già adesso, con poche telefonate, a controllare interi consigli di amministrazione di cui non fa parte e intimidire intere testate giornalistiche in cui non ha investimenti diretti». Chissà che cosa direbbero, della geremiade di Colombo, questi consigli di amministrazione e queste testate. Chi se ne frega, sta arrivando il meglio, ossia il Berlusconi «dittatore a vita» nel caso ambisse pure al Quirinale: «Gli avversari devono aspettarsi un monitoraggio elettorale stretto. Per esempio la pratica di far spiare dai servizi segreti militari i giudici e i giornalisti, già sperimentata nel suo ultimo governo. Dittatura vuol dire togliere la parola, salvo blog e foglietti. Ma intervenire a reti unificate sarebbe il suo capolavoro: un mondo finto come i modellini del ponte di Messina, mandati in onda a tutte le ore in modo da convincere che quel ponte già esiste». Del resto «Berlusconi ha aggiornato i suoi modelli»: prima era «Juan Peron», mentre «il modello adesso è Putin». Sì. Del resto «non bisogna dimenticare che il suo governo «ha agito con personale a pagamento della Russia di Putin, ed è incorso nella disavventura di non dimenticati e spaventosi delitti come la morte pubblica, per avvelenamento di polonio, della spia Litvinenko». Nota: se non stiamo commentando queste frasi è perché riteniamo che non serva. Cioè: Berlusconi che viola tutte le leggi, domina tutta l’informazione e l’industria, dittatore a vita, che toglierebbe ogni libertà e lascerebbe solo foglietti e blog, che ha come modello Putin e che in qualche modo è collegato alla morte di Litvinenko: che dovremmo fare, scrivere che non è vero? Anche perché Furio Colombo, non ci fosse chiaro, poche righe dopo riaffonda: «Il Paese in cui è stata assassinata per eccesso di libertà la giornalista Politoskaia è il modello di comportamento del governo Berlusconi». Te lo do io il low profile, il fair play. Nulla resiste all’onestà e alla lucidità mentale di Furio Colombo. Dopodiché, scusate, ci sarebbe anche un inserto di otto pagine. E, credeteci, non è che i toni cambino tanto: sono solo suddivisi per argomenti. Ci permettiamo di glissare su Marco Travaglio che scrive di giustizia e di Berlusconi: scrive lo stesso articolo dal ’96. Poi c’è un articolo di Nando Dalla Chiesa che spicca per moderazione: si limita a dire che un Berlusconi vincente farebbe pressioni su giudici e Csm e Quirinale e Corte costituzionale. Ma oltre, in tutte le altre pagine, piccoli Colombini crescono. Lotta alla mafia? «Silvio la mise a rischio», nel suo programma «c’è solo un accenno», vuole favorire il ritorno ai mafiosi dei loro beni confiscati, vuole «ammorbidire il carcere duro»; il che sarebbe anche buona cosa, a parere di chi scrive: peccato che fu proprio il governo Berlusconi a stabilizzare il 416-bis: ma fa niente, «Le mafie possono vivere sonni tranquilli». Immigrazione: «Cultura del cannone, forze armate ai confini per evitare l’ingresso dei clandestini». Magari. Scuola: «Il marchio della Moratti, la selezione sociale», «incanalamento precoce al lavoro per i più deboli», «tagli sugli organici rispetto alla cura dei diversamente abili», «unico principio il creazionismo», «i capaci e i meritevoli hanno diritto ai gradi più alti, gli altri li manderanno a lavorare». Uhm. Va beh. Fisco: «Meno tasse ai ricchi, meno servizi a tutti». Precariato: «Basta sposare il figlio di un milionario». E i suddetti sono soltanto titoli, mentre il seguente è un contenuto, diciamo: «Col governo Berlusconi il declino economico, sociale e ambientale rischia davvero di diventare irreversibile». Già. Ambiente: «Berlusconi ha contribuito a devastare tanta parte del Belpaese con centinaia di migliaia di case abusive e centinaia di migliaia di cantieri illegali dove si è evaso tutto», «i più bei passaggi italiani sono stati invasi dai cantieri e massacrati», e poi i parchi diverrebbero «luna park, supermercati, tutto vendibile, Colosseo incluso». Berlusconi vuole vendere il Colosseo. A Murdoch. E il ponte di Messina? «Voluto soltanto da lui e da potenti lobby siculo-calabresi». Abbiamo quasi finito. Politica estera: «L’imperativo sembra uno solo: combattere». In settima pagina, infine, c’è un articolone per dimostrare che Berlusconi, che fa politica da 14 anni, sia vecchio. In ottava invece c’è l’intera paginata pubblicitaria con il faccione di Veltroni, che era segretario della Fgci nel 1976. Ma la faccia vera era nelle pagine precedenti.