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 TROMBATI & RIMBORSATI:PENSIONI E LIQUIDAZIONI DEGLI EX PARLAMENTARI Data: 29/04/2008
Appertiene alla sezione: [ curiosita' ]
Il settimanale Panorama nel numero in edicola pubblica un servizio sulle pensioni e liquidazioni degli ex parlamentari, a iniziare dai trombati del 13 e 14 aprile. Ne esce fuori un quadro davvero poco lusinghiero dei privilegi di cui godono i parlamentari, molti dei quali vanno in pensione a meno di 50 anni con vitalizi che sfiorano i diecimila euro al mese. ECCO IL SERVIZIO A CURA DI ANGELA BIANCHI E LAURA MARAGNANI.

Privilegi Possono ottenere il vitalizio a cinquant’anni, cumulandolo con altri redditi. E con buonuscite corpose. Ecco quanto costano alla collettività i politici non rieletti il 13 e 14 aprile. Ma qualcosa sta cambiando.



«Ma davvero?»: non ci crede neanche lui. Antonio Martusciello, classe 1962, potrebbe essere il più giovane pensionato dell’ultimo Parlamento, a 46 anni. Napoletano, 4 legislature alle spalle, è entrato a Montecitorio a 32 anni, ha svolto 14 anni effettivi di mandato. E in base a una vecchia norma degli anni Ottanta può riscattare i contributi mancanti fino ad arrivare a 20. Farebbe bingo: con 20 anni di contributi, a prescindere dall’età del pensionando, il Parlamento allarga i cordoni della borsa, basta essere stati eletti prima del 2001. E dunque Martusciello dal 1° maggio potrebbe intascare 7.958,50 euro lordi al mese di vitalizio, 95.502 euro l’anno. Al telefono casca dalle nuvole: «Ancora non ho deciso se riscattare i contributi, non so se conviene».

Conviene. Rino Piscitello, pd, i conti li ha già fatti. Ha 47 anni e mezzo e pure lui ha 4 mandati. Ha 3 anni di contributi da riscattare: lo farà a rate come gli hanno consigliato i tecnici della Camera, che hanno già comunicato ai parlamentari non ricandidati la loro posizione previdenziale.

Camera e Senato si sono infatti portati avanti col lavoro, calcolando il possibile costo della chiusura anticipata della XV legislatura e modificando il bilancio di previsione del 2008: più 8 milioni, rispetto al 2007, per i vitalizi di Montecitorio, che già costavano 131,2 milioni di euro (comprese pensioni di reversibilità); più 3,7 milioni a Palazzo Madama (erano circa 72 milioni un anno fa). Ma non basteranno. Con la scomparsa della Sinistra Arcobaleno, dei socialisti, della Destra e dell’Udeur, un esercito di nuovi pensionandi incombe.

Come l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, 49 anni appena compiuti. Deputato dal 1992, vanta 5 legislature: 16 anni di mandato effettivo, 22 anni di contributi pagati, se arriva a 25 gli scatterebbe un vitalizio di 8.836 euro lordi al mese. Agganciato, come tutti gli altri, all’indennità dei parlamentari in carica. Pecoraro si sta preparando a tornare al lavoro di avvocato civilista («Aprirò uno studio a Roma, specializzato in energie rinnovabili») e della pensione, giura, non sapeva nulla. «Mi rendo conto che il vitalizio è un privilegio» ammette «e dunque lo utilizzerò anche per sostenere il volontariato ambientale».

In tempi di lotta alla casta, nessuno si sogna di esultare pubblicamente per l’assegno che lo aspetta. Soprattutto nella sinistra radicale. Ma una cosa è certa: molti non saranno costretti a cercarsi un lavoro. Con 3 legislature, infatti, gli eletti ante 2001 hanno il vitalizio a partire da 50 anni (riquadro a pagina 35). Dunque Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione, 51 anni ancora da compiere, con il riscatto dei contributi può arrivare a 6.203 euro lordi; il suo coetaneo e collega di partito Pietro Folena, 5 legislature, a 8.836 euro.

Già scaricato dal Partito socialista, invece, Enrico Boselli, classe 1957, 4 mandati e 7.959 al mese. Più saldo in sella Oliviero Diliberto, segretario del Pdci e docente di diritto romano, che compirà 52 anni a ottobre. Continuerà a insegnare, ma aggiungerà allo stipendio un vitalizio uguale a quello di Boselli.

Se la sinistra incassa, il centro e la destra non rimangono a mani vuote. Mauro Fabris, ex capogruppo dell’Udeur, se non viene ripescato come sottosegretario può contare sul vitalizio delle 3 legislature: ha compiuto 50 anni il 14 marzo. Lo stesso giorno di Ettore Peretti, udc, che però di legislature ne ha fatte quattro.

L’ex senatore Francesco Storace, 49 anni, leader della Destra, riscatti permettendo, taglierà il traguardo il 25 gennaio 2009, mentre l’ex sottosegretario verde all’Economia Pier Paolo Cento, nato nel 1962, rimarrà nel limbo previdenziale per 4 anni ancora. E avanti: al Senato sono già arrivati alla meta Dario Galli della Lega e Giannicola Sinisi del Pd, classe 1957, mentre Franco Danieli, pd, ex sottosegretario per gli italiani all’estero, li batte: a 52 anni riceverebbe 8.164 euro.

Cifre niente male, che mettono un po’ a disagio i beneficiandi. A Montecitorio Carlo Leoni, vicepresidente uscente, sd, 53 anni e 3 legislature, tenta una battuta amara dopo la sconfitta elettorale: «Non parliamo troppo di vitalizi, se no ci tolgono anche questi». Impossibile: il vitalizio è un diritto irrinunciabile, come ben sa il leader del Pd Walter Veltroni, che inutilmente aveva cercato di non passare all’incasso: alla fine, da sindaco, ha annunciato urbi et orbi di averlo devoluto in beneficenza.

Sarà meno in imbarazzo il suo successore, Francesco Rutelli o Gianni Alemanno che sia: l’ultima modifica al regime vitalizio ha stabilito, nel luglio 2007, che non sarà più possibile cumularlo con lo stipendio derivante da cariche pubbliche.

Fin qui i cinquantenni d’oro. Ma che dire di quelli di platino? Due anzitutto: i senatori Edo Ronchi, pd, 58 anni, e Willer Bordon, che al grido di «esco dalla casta!» si è dimesso il giorno del suo 59.mo compleanno, il 16 gennaio. Tutt’e due hanno navigato in Parlamento per 6 legislature, quindi avranno (riscatti permettendo) il massimo del vitalizio senatoriale: 9.604 euro. È quanto prenderanno sessantenni come il neosocialista Gavino Angius, classe 1946, e Clemente Mastella, classe 1947. Poco meno dell’ex re di Ceppaloni incasserà il deputato socialista Valdo Spini, suo coetaneo, che potrà consolarsi con una liquidazione di 271.527 euro netti.

A mettere in difficoltà il bilancio 2008 delle due Camere saranno infatti anche quelli che pudicamente il Senato chiama «assegni di solidarietà»: una sorta di tfr pari all’80 per cento dell’indennità, moltiplicato per gli anni effettivi di mandato. A Palazzo Madama hanno stanziato già 8 milioni di euro, però anche questi non basteranno. Da liquidare ci sono mostri sacri come Armando Cossutta del Pdci (345.744 euro), Clemente Mastella (307.328 euro), Alfredo Biondi (278.516), mentre alla Camera il recordman è Angelo Sanza, 10 legislature come Cossutta, con 337.068 euro netti di liquidazione.

Mastella non è l’unico ex ministro del governo Prodi ad avviarsi a un buon pensionamento. C’è Fabio Mussi, 60 anni, ex responsabile dell’Università, 5 legislature come l’ex collega all’Ambiente Pecoraro Scanio. Ci sono il ministro dell’Interno Giuliano Amato, 5 legislature, e il sottosegretario Vincenzo Visco, 7 legislature (9.363 euro lordi al mese, il massimo).

Non ha da lamentarsi nemmeno la famiglia Cardinale: uscito papà Salvatore, 60 anni, 5 legislature, ex pluriministro, in Sicilia è stata eletta la figlia Daniela. Stesso scambio in una famiglia non ministeriale: il forzista Basilio Germanà, 59 anni e 4 legislature, in Sicilia 2 ha fatto candidare il figlio Antonino.

A piangere sono davvero in pochi. Certamente non Salvatore Buglio, ex ds, passato alla Rosa nel pugno e poi tornato al Pd: il pilastro della squadra parlamentare di calcio va in tribuna a 57 anni con 15 anni di contributi e 6.203 euro al mese.

Buona la liquidazione, con 5 legislature, per Cesare Salvi, Sinistra democratica, 60 anni ancora da compiere, autore di numerose proposte di legge contro i costi della politica. Paradosso: è stato proprio lui, insieme con il collega Massimo Villone (64 anni, anche lui pensionando), il primo a denunciare le pensioni d’oro del Parlamento in Il costo della democrazia, uscito nel 2005 dalla Mondadori: «Mi sono battuto come un leone per modificare queste norme. E qualcosa in effetti siamo riusciti a fare» spiega. «Ma ho constatato un deficit culturale della sinistra su questi temi. Hanno sottovalutato l’effetto devastante che questi privilegi hanno sul nostro elettorato».

Nel cortile di Montecitorio un altro superpensionato scuote la testa. Gerardo Bianco, 77 anni, mette in guardia da derive qualunquiste: «Dopo quarant’anni, a conti fatti, mi metterò in tasca 6 mila euro netti al mese. Un dirigente d’azienda prenderebbe di più».

Non è qualunquismo, comunque, fare due calcoli: deputati e senatori versano ogni mese l’8,6 per cento dell’indennità lorda (1.006,51 euro gli uni e 1.032,51 gli altri). Ai valori attuali, in 20 anni un deputato sborsa 241.562 euro, un senatore poco di più. L’aspettativa media di vita del maschio italiano è di 78,6 anni. E dunque un neopensionato cinquantenne incasserà il vitalizio per 28 anni e mezzo, gravando sulle casse dello Stato (sempre ai valori 2008) per 2.731.357 euro. Non solo, potrà cumulare la sua rendita di parlamentare con gli altri redditi da lavoro e da pensione.

Dal luglio 2007, però, le vacche non sono più così grasse. Franco Marini e Fausto Bertinotti (4 legislature: in pensione attiva, visto che sarà presidente della Fondazione Montecitorio) hanno dato un giro di vite che permetterà all’erario di risparmiare. «Solo eliminando la possibilità dei riscatti taglieremo a regime il 25 per cento delle spese per i vitalizi» calcola Gianni Nieddu, pd, questore uscente (e pensionando) di Palazzo Madama. Se ne accorgeranno i nuovi eletti del 13 e 14 aprile.

Anche per molti uscenti della XV legislatura non andrà bene, gli oltre 100 non ricandidati o non rieletti come Vladimir Luxuria e il no global Francesco Caruso. Nessuna pensione in vista, nemmeno quella minima dei 5 anni. Riceveranno l’assegno di fine mandato, ma anche i circa 25 mila euro che avevano inutilmente accantonato per il vitalizio. Soldi loro, per carità, ma per Camera e Senato sarà una botta totale da almeno 4,5 milioni.

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