Oltre 22mila morti e 41 mila dispersi, si aggrava l'apocalisse birmana mentre il mondo si mobilita per gli aiuti umanitari. Ma per entrare nel Myanmar i soccorritori stranieri saranno tenuti a trattare con la giunta militare al potere nell’ex Birmania: lo ha annuciato Maung Maung Swe, ministro per l’Assistenza Sociale, nel corso di una conferenza stampa convocata a Yangon, la vecchia capitale birmana nota un tempo come Rangoon. "Per poter venire qui, le squadre di esperti dall’estero dovranno negoziare con il ministero degli Esteri e con le nostre massime autorità", ha ammonito. Il regime birmano ha acconsentito ad accettare l’aiuto delle Nazioni Unite, che aveva invece rifiutato in occasione del catastrofico "tsunami" di fine 2004.
Sono oltre 22mila le persone morte a causa del ciclone, 41mila i dispersi. E il bilancio potrebbe salire ulteriormente, con i funzionari che hanno preso contatto con le aree del delta dell’Irrawaddy più colpite, dice oggi il ministro degli Esteri della giunta militare. Intanto, sempre oggi, la giunta militare birmana ha deciso di togliere lo stato di emergenza in tre degli stati colpiti dal ciclone e in alcune zone di Yangon e Irrawaddy, secondo quanto annunciato dalla tv di stato. Nyan Win ha detto alla televisione di stato che 10mila persone hanno perso la vita in una sola città, Bogalay, fornendo il primo resoconto dettagliato dei danni provocati dal peggior ciclone che abbia colpito l’Asia dal 1991, quando 143mila persone morirono in Bangladesh. I dispersi sarebbero invece 30mila, ha detto il ministro degli Esteri thailandese Noppadol Pattama dopo un incontro con l’ambasciatore del Myanmar a Bangkok.
L’ambasciatore Ye Win non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti al ministero degli Esteri thailandese, lasciando che fosse Noppadon a ragguagliare la stampa. Le persone rimaste senza casa sono diverse centinaia di migliaia, dicono funzionari delle Nazioni Unite, e la cifra potrebbe salire a milioni.