Diventa ministro una ragazza nata nel 1977. Giorgia Meloni ha 31 anni, tre in meno del nostro Giornale, non è mai andata a nanna dopo Carosello e quando è crollato il muro di Berlino frequentava appena le medie. Anche questo è un piccolo segno di rottura col passato. Ce ne sono tanti, per la verità, a salutare il battesimo del governo Berlusconi. Quasi come una conferma di quella voglia di novità espressa dagli elettori il 13-14 aprile.
È nuovo il metodo scelto dal premier, cioè quello di accettare l’incarico senza riserve e leggere la lista dei ministri subito dopo l’incontro col Capo dello Stato. È nuova la decisione di ridurre il numero delle poltrone (dalle 103 di Prodi alle 60). E sono nuovi anche molti dei volti che entrano nell’esecutivo: ben 13 new entry e quattro ministri che non hanno ancora compiuto 40 anni. A uno di loro, Angelino Alfano, fra l’altro è affidato uno dei compiti più difficili, quello della Giustizia. Una scelta coraggiosa.
È stata coraggiosa anche la scelta di altri due giovani Luca Zaia (40 anni appena compiuti) e Mariastella Gelmini, in settori strategici come l’Agricoltura e l’Istruzione. Sono due sgobboni, tosti, tenaci, cresciuti sul territorio e dunque al di fuori di ogni logica di palazzo. Sapranno portare una ventata di freschezza dentro quelle stanze troppo spesso infestate da burocrazie e clientele.
È forte anche la squadra economica: Tremonti è una garanzia, Scajola quasi, se eviterà le chiacchiere coi giornalisti, Matteoli ha sempre dato buona prova e Sacconi era il meglio che si potesse pensare per il Welfare. Certo, non mancano alcuni dubbi: nove ministeri senza portafoglio, per esempio, sono troppi. E alcune duplicazioni di poltrone sembrano inventate più per accontentare le persone che le esigenze del Paese. Tanto per dire: c’era proprio bisogno di un ministro per l’attuazione del programma, oltre che uno per le riforme e uno per la semplificazione?
Ma si tratta, per il momento, di dettagli. Nella sostanza il governo sembra fatto apposta per governare: vi parrà strano, ma non è stato sempre così. Anzi, forse è questo il primo vero e proprio governo Berlusconi, davvero senza riserve (e non solo per il protocollo del Quirinale): senza riserve mentali, senza riserve politiche, senza riserve personali. Un governo che mantiene le promesse, completa la svolta chiesta dagli elettori e dunque aumenta le responsabilità di chi lo guida. Speriamo per il Paese che aumenti pure le sue possibilità di successo.