I costi della politica negli enti locali? Dovranno essere i diretti interessati, leggi le regioni, i comuni e le province autonome, se vorranno, a tagliarli. Lo stato non può farlo per legge se non in minima parte, pena la dichiarazione di incostituzionalità, ad esempio, di tutte quelle norme tese a regolare gli stipendi degli amministratori delle società partecipate da i suddetti enti locali.
Da martedì 21 maggio questo assunto è stato stabilito dalla Corte costituzionale che, con la sentenza numero 159 redatta dal giudice Ugo De Siervo, ha decretato l’incostituzionalità di alcuni articoli della penultima finanziaria del governo Prodi che si occupavano proprio di questa delicata materia.
Più precisamente è stato dichiarato non compatibile con l’articolo 117 della Costituzione, così come modificato con la riforma fatta a maggioranza dall’ultimo governo Amato nel 2001, l’articolo 1 comma 730 della legge 296 del 27 dicembre 2006, nella parte in cui imponeva alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di adeguare ai principi dei cui ai commi da 725 a 735 della stessa legge i compensi degli amministratori delle società da esse partecipate.
Non basta: anche quei commi dello stesso articolo 1 che fissavano tali criteri di taglio per i su nominati compensi sono stati quasi tutti falcidiati dalla Consulta. Più precisamente sono stati dichiarati incostituzionali quelli indicati nei commi da 725 a 728 . Che poi sono quelli che fissavano limiti puntuali sia al numero dei componenti dei cda delle partecipate dagli enti locali sia al loro compensi massimi: dal semplice consigliere, all’amministratore delegato, al presidente del consiglio di amministrazione. E questo sia per le società a totale partecipazione di comuni, province o regioni sia per quelle a partecipazioni pubbliche miste con una pluralità di enti locali sia infine per quelle con partecipazione incrociata tra enti locali e privati.
Bel capolavoro quindi il federalismo voluto dal vecchio centro-sinistra che non permette alcun taglio da parte dello stato negli enti locali, pena la violazione dei principi del terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione che disciplina le materie di esclusiva competenza localistica.
Ci si può comunque consolare, leggendo la medesima sentenza, con il fatto che almeno non sono stati dichiarati incostituzionali i commi 721 e 722 sempre dell’articolo 1 della finanziaria di fine 2006, come pure alcune regioni, tra cui il Veneto, avrebbero voluto. Quei commi erano quelli in cui le regioni venivano invitate a fissare entro sei mesi dall’approvazione della legge i tetti per gli stipendi degli amministratori locali veri e propri. Per la Consulta, almeno in questo caso, lo stato ha potuto metterci becco.