I girotondi si fanno a Madrid e a Strasburgo, in Italia la lezione è servita. Dopo la vittoria di Silvio Berlusconi, che in effetti ha avuto una connotazione plebiscitaria anche per via dell’affermazione dirompente della Lega e poi a Roma di Gianni Alemanno, era prevedibile che ci toccasse riascoltare il coro greco sulla democrazia in pericolo e i valori costituzionali di eguaglianza messi in mora dai nuovi venuti della terribile destra. È successo, ma il coro canta in castigliano e nell’esperanto incomprensibile del burocratese europeo, non in italiano. La sinistra italiana, con i sindaci e gli amministratori, i ministri ombra e i parlamentari eletti del Pd, parla tutto un altro linguaggio. Per i ministri di José Luis Zapatero e gli euroattivisti, come per i bardi della vecchia sinistra radicale rimasta fuori dal Parlamento, il nostro Paese è travolto da un’ondata di odio per lo straniero, di razzismo, di intolleranza verso gli zingari e i romeni e altre nazionalità o etnie messe tutte in uno stesso sacco, trattate come soggetti criminali collettivi, deportate dopo massicci rastrellamenti in lager degni dei peggiori incubi della storia europea. Domina la paura. Domina il disprezzo. Si alzano roghi. In realtà, come sappiamo tutti, ci sono stati un paio di atti violenti, e quelli recentissimi di Napoli improntati a violenza organizzata di tipo camorristico, di cui sono rimasti vittima due o tre campi rom nel corso dell’ultimo anno e mezzo, anche nell’era del governo Prodi. Sono sinistre reazioni, e belluine, a situazioni drammatiche di disagio ambientale, situazioni limite in cui lo Stato, i partiti e le forze sociali, a partire dalla Chiesa cattolica e dai suoi vescovi più autorevoli, lavorano per la mediazione, per la composizione, per l’allentamento delle paure, per l’esercizio della carità e il rispetto dei diritti umani. È l’ordinaria e straordinaria gestione della questione della sicurezza dei cittadini in un tempo di fortissime tensioni migratorie, in cui vecchi e nuovi insediamenti degradati, alla periferia, sono percepiti come minacce dalla parte debole e socialmente svantaggiata che vive negli spazi contigui, a contatto con comportamenti illegali spesso intimidenti e minacciosi. Non c’è alcuna persecuzione di etnie o popolazioni straniere in Italia.
Il gran parlare che si fa dei nuovi ebrei sembra alle persone assennate, che conoscono la storia dello sterminio degli ebrei, e dell’ideologia di annientamento nichilista di cui essa fu il prodotto, un chiacchiericcio irresponsabile, un giocare a dadi con l’apocalisse virtuale in un mondo di frizioni, tormenti e tragedie reali. Questo un Cofferati lo sa, un Fassino lo sa, un Chiamparino lo sa, e lo sanno i Veltroni e gli altri, che non rinunciano a una retorica buona e inclusiva tipica della sinistra, opposta alle stupide intemerate cattiviste di qualche leghista, ma non affondano il colpo con la demagogia di un ministro spagnolo, di un eurodeputato o di un commentatore francese o tedesco. Più si è lontani dalla realtà più la questione della sicurezza diventa un idolo ideologico, un misuratore di buone intenzioni umanitarie, piuttosto che un dossier di politica che ha assunto l’importanza che sappiamo nelle società europee di questo secolo. Il commentatore del Wall Street Journal usa vecchi riflessi intellettuali, rispettabili, per riaffermare sacrosanti principi liberali, e magari si sbaglia e scambia il governo Berlusconi per una giunta muscolare di rastrellatori xenofobi. Ma gli oppositori di casa, la sinistra italiana, sanno che la faccenda è seria, che nessuno può governare credibilmente questo Paese se non rassicura il popolo di fronte alle sue insicurezze, con mezzi leciti e nel rispetto dello stato di diritto. Ci hanno provato anche loro, e hanno fallito, e ora capiscono quello che succede sotto i loro occhi.